Wimbledon: Santopadre e Rianna: i nostri servono bene? Questione di mentalità

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Umberto Rianna e Vincenzo Aantopadre (Foto Giampiero Sposito)

Da Wimbledon, Fabrizio Salvi – foto www.internazionalibnlditalia.com

Dietro alla crescita del movimento tennistico italiano si nasconde un’arma che spesso era stato il tallone d’Achille dei nostri artisti della racchetta: il servizio. Le performance messe in scena da Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini su campi veloci, hanno confermato che il prototipo del giocatore ideale non è più solamente un atleta capace di eseguire tutti i colpi da fondocampo con precisione e profondità, ma di saper servire bene.

Umberto Rianna e Vincenzo Santopadre sono concordi in questo. Entrambi hanno parlato di come il servizio sia un’arma decisiva che rappresenta una vera e propria freccia da mettere nel proprio arco. Ma guai – sempre secondo i due coach – a commettere l’errore di pensare che si serva a occhi chiusi e comincino a piovere Ace come per magia. Il vero segreto sta nella mentalità con la quale si usa il servizio. In altre parole, non più una battuta di tipo conservativo, ma un servizio che sappia far male all’avversario e crei un vantaggio nello scambio fin da subito. Questo permette al giocatore alla battuta di poter poi chiudere facilmente al colpo successivo, o di gestire da attore protagonista i primi due o tre colpi dello scambio.

Dietro la crescita di questi giovani azzurri c’è anche la volontà di mettersi in gioco in superfici meno congeniali alla nostra tradizione, e di voler immagazzinare nel proprio software tutto il necessario per potersi definire completi. È un percorso che certamente richiede tempo e pazienza da tutte le parti chiamate in gioco, ma i risultati sono gratificanti e questo conferma la bontà della scelta. Nessuno sa dove i ragazzi terribili d’Italia potranno arrivare, certamente però stanno tracciando una nuova linea nel nostro tennis. E questo piace già.