Us Open 2019, i promossi e i bocciati a cura di Daniele Rossi
Us Open 2019, i PROMOSSI
Rafael Nadal
5 Slam vinti sul cemento, 2 sull’erba, miglior giocatore degli Us Open del decennio con 4 vittorie e una sconfitta in finale. Volete togliergli i 12 Roland Garros? Rimangono 7 Slam, tanti quanti McEnroe, uno in più di Becker e Edberg. Altro che arrotino. Raramente visto così in difficoltà sul piano tattico, raramente visto così stanco in un quinto set e raramente visto così emozionato dopo una vittoria. A 33 anni e dopo un centinaio di infortuni però, un bel pianto liberatorio era il minimo. Potrà non piacere, ma non ci si può non togliere il cappello di fronte a questo fenomeno.
Danil Medvedev
L’Atp farà bene a coccolarsi questo strano russo dalla fronte prominente e già scarsamente crinito. Gioca colpi tutti suoi con cui però fa magie, sembra magro e invece è un iron-man, sembra che non gliene frega niente e invece combatte fino alla morte, sembra molto intelligente e invece è un vero genio, sembra una baseliner noioso e invece in finale è andato a rete 74 volte. Sembra un campione destinato a vincere tanto, vediamo se questo almeno ce lo conferma.
Matteo Berrettini
Nel 2019 due tornei Atp (uno su terra e un altro su erba, più il ricco e super competitivo Challenger di Phoenix sul cemento), 4° turno a Wimbledon, semifinale a New York. Materiale da Slam? Forse no, ma una fissa presenza fra i primi 20 (e magari primi 10) che può togliersi diverse soddisfazioni sul veloce, sicuramente sì. Da gestire attentamente l’ondata di popolarità e la pressione che gli deriveranno da questo risultato.
Jannick Sinner
Prima partita Slam della vita e pronti via ecco Stan Wawrinka. Lo svizzero non è più quello del triennio 2014-2016, ma è sempre un signor giocatore e il 18enne altoatesino gli strappa pure un set, addirittura con qualche rimpianto di poter fare qualcosa in più. Anche per lui si consiglia di proseguire a semafori spenti per non bruciare anzitempo.
Il tetto sull’Arthur Ashe
Al contrario di quello a Church Road che giace inutilizzato da un paio d’anni, il tetto sul gigantesco catino newyorkese in questa edizione ha salvato spesso la situazione, vista la pioggia e il tempo stranamente freddo. Certo, si crea un clima da foresta amazzonica e le chiacchiere del pubblico rimbombano come in chiesa, ma non si può avere tutto dalla vita…
Bianca Andreescu
Torneo splendido e finale dominata fino ad un sussulto d’orgoglio di Serena fomentato dal pubblico. Testa, fisico e colpi, la canadese ha tutto per diventare fortissima. Fenomeno annunciato? Futura dominatrice del circuito? Mah! Sono quasi cinque anni che lo si dice dopo ogni vittoria Slam delle varie Kvitova, Kerber, Ostapenko, Muguruza, Stephens, Osaska, Barty e mettiamoci pure Pliskova e Svitolina. Oggi è il turno di Andreescu, domani quello di Coco Gauff. Occhio alle celebrazioni premature.
Taylor Townsend
Lasciate stare la retorica della rivincita della ragazza sovrappeso, quello che conta è il gioco ed un serve and volley così selvaggio ed eccitante non lo si vedeva dai tempi di Jana Novotna. Speriamo non sia solo un fuoco di paglia, ma un trampolino di lancio verso il tennis che conta.
Us Open 2019, i BOCCIATI
Alexander Zverev
Faceva quasi tenerezza nel match contro Schwartzman, mentre appoggiava delle seconde in rete come neanche le signore del circolo, con le lacrimone appese ai socchiusi occhietti azzurri. Gravissimo il naufragio della collaborazione con Lendl, ma forse più che un coach serve uno psichiatra.
Stefanos Tsitsipas
Al greco servirebbe invece un bel bagno d’umiltà e un bel periodo di disintossicazione dai social network. Sconfitto da Rublev e dal fuoco sacro di un picchiatore con meno talento, ma molta più garra…russa.
Roger Federer
Vero la schiena, vero i 38 anni, vero l’umidità di New York, vero il trauma di Wimbledon, ma contro Dimitrov 4 palle break sfruttate su 14. Qui non c’entra il fisico, c’entra un problema endemico che gli ha fatto perdere troppe partite che avrebbe dovuto vincere.
Novak Djokovic
Sotto 6-4, 7-5, 2-1 con Wawrinka si ritira per un problema alla spalla. Ovviamente non è una colpa infortunarsi, lo è non finire un match che avrebbe potuto tranquillamente terminare, tirando qualche pallata e dando l’onore della vittoria all’avversario.
Serena Williams
Sembra ingeneroso bocciare una finalista 38enne, ma è incredibile che con tutta l’esperienza che ha non riesca proprio più a gestire le finali Slam. Le ultime quattro giocate sono state un pianto, sia per lei, sia per il pubblico, costretto ad assistere ai suoi psicodrammi a tratti quasi grotteschi.
Il pubblico newyorkese
Rumoroso, scorretto, invasato, ignorante, ottuso, egocentrico. Certo, noi italiani non possiamo certo fregiarci di chissà quale medaglia di educazione e imparzialità, ma il tifo scomposto ed esagerato nelle partite di Coco Gauff (ne ha fatto le spese la povera Anisimova) e nella finale femminile, è stato un brutto spettacolo.
I giocatori americani
Querrey, Fritz e Johnson fuori al 1° turno, Tiafoe e Opelka fuori al 2°, Isner fuori al 3°. Un tempo gli yankee a New York dettavano legge, ora fanno solo da tappezzeria.
di Daniele Rossi
foto usopen.org (Garrett Elwood/USTA)