da Parigi,
Lo ha detto chiaramente Gael Monfils, questa storia di Londra gli ha messo troppa pressione, la stessa che forse ieri ha sentito Matteo Berrettini e che non gli ha consentito di giocare troppo serenamente la sua partita con Tsonga.
Queste le parole del tennista francese nella conferenza stampa dopo la vittoria su Paire.
“Sarò diretto, come al solito. Dallo swing asiatico sono tornato morto. Sono esausto fisicamente e mentalmente. Sono ancora lì con la testa, perché non è andata bene. Il mio livello di gioco è precipitato Fisicamente ho avuto qualche difficoltà ad Anversa. Con Sinner è stato un match difficile, ma mentalmente è stato addirittura peggio. E questa cosa è durata parecchio. Così ci siamo seduti a tavolino e ne abbiamo parlato. È tutto colpa della pressione crescente su di me. Il mio obiettivo è davvero finire in top 10. Ma le persone continuano a parlare delle Finals, dall’Asia, e ne ho abbastanza! Il mio obiettivo è finire in top 10, non le Finals di Londra. E ho avuto troppa pressione perché, sì, ci sono vicino, ma non poi tanto. E questo mi stressa troppo. Giocare quando uno è stressato non è facile perché mi diverto meno, mentre io voglio davvero divertirmi quando gioco a tennis. Invece così le partite diventano dure, mi sposto su un approccio difensivo.
A Vienna, per esempio, non volevo giocare perché non mi sentivo bene fisicamente e mentalmente. Avevo problemi fisici da stress, volevo allenarmi troppo, volevo strafare per essere in buona condizione e queste non sono le mie migliori condizioni. Ma questo non sono io, non è questo il modo in cui gestisco la pressione. È divertente ma è così: quando cerco di fare le cose in modo più accademico, questo non si adatta a me affatto. Ovviamente il modo in cui lavoro non è così lontano dall’accademico, ma quando cerco troppo di adeguarmi agli standard, questo non funziona.
Così a Vienna siamo ritornati alle basi, con la difesa. Non mi ha portato molti punti, ma corro meglio e questo non mi riusciva nelle settimane precedenti. Ho ritrovato il mio servizio. È stato nel match contro Novak, stava mettendo a segno molti più vincenti di me e mi sono concentrato prima sul servizio. Poi ho avvertito dei problemi alla parte alta del corpo e mi sono fermato per un trattamento medico ma mi hanno detto di non fermarmi perché potevo correre e servire tranquillamente. E sono state queste le mie risorse per tutta la settimana. Così sono tornato in fiducia. Ho corso più che giocato.
Il gioco di gambe è migliorato. Ho ripreso a giocare profondo, ma non ho messo a segno vincenti. Non riuscivo ad andare a rete. Ho giocato con Diego (Schwartzman, ndr). Era difficile perché lui non sbaglia mai e poi parte in contropiede e ha giocato bene in quella settimana. Il punteggio è stato pesante.
E oggi ho servito bene ma ho corso davvero tanto. E avevo un approccio attendista. E questo ancora per la troppa pressione, troppe cose in una volta. E da un lato gestisco la pressione bene, dall’altro meno. Perché le mie performance non sono al livello che vorrei. Faccio ancora fatica ad avere un buon dritto o un buon rovescio. Ma sono solido da fondo. E questo è quello che bisogna fare: quando uno è stressato, è difficile, ma bisogna tornare alle basi. Comunque oggi mi ha fatto bene giocare contro Paire, un amico. Mi ha tolto un po’ di pressione, mi ha aiutato il fatto che abbiamo anche riso in campo. Ci siamo divertiti.
Con Albot sarà diverso, ha il tipo di gioco che per me è terribile. Non voglio nemmeno parlarne. Non sbaglia mai, gioca profondo. Non ha un gran servizio ma è migliorato. Bisognerà andare a rete per conquistare i punti, dovrò essere aggressivo sulle sue seconde. Devo dimostrargli che il mio servizio è più veloce. Ci conosciamo bene, ci siamo allenati insieme prima dell’inizio della stagione. E lui ha fatto molto bene quest’anno, ha vinto tante partite, anche difficili, e ha portato al terzo Federer e Zverev. È in fiducia. Gli piace mettermi pressione e ha sicuro voglia di superarmi”.