Non Necessariamente Nemici, un racconto di Giuseppe Pugliese

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    Pubblichiamo un racconto inedito dello scrittore procidano Giuseppe Pugliese. La storia, un pò malinconica, di un nonno e un campo da tennis abbandonato.

     

    E’ tanto che non si spingeva fino a qui.

    Più che un campo da tennis era un sogno.

    Il sogno della famiglia perfetta. Due figli da avere sempre intorno, assieme ai loro amici, a praticare il loro sport preferito.

    Quand’é stato che hanno smesso di usarlo? A poco a poco o tutt’ a un tratto? Un’estate erano ancora qui e quella dopo chissà dove.

    Non se lo ricorda. Potrebbe chiederglielo, ma ormai che importanza ha?

    Magari un po’ é stata anche colpa sua che col tempo aveva smesso di curarlo: il campo aveva cominciato a deteriorarsi, i rimbalzi non erano più perfetti e allora… o forse erano state le ragazze ad allontanarli per impegnarli in altri, ben più complessi, corpo a corpo.

     

    Però, diamine, dispiace.

    Del resto in famiglia la passione per il tennis non é mai svanita; anzi é stata trasmessa a tutti i suoi nipoti e allora perché non riprovarci? Quanto lavoro ci vorrebbe per rimetterlo in sesto?

     

    Ha origliato che per i suoi ottantanni ci sarà una grande festa.

    Proprio li. Nell’aia.

    Dopo tanto che tutto tace.

    E la sorpresa potrebbe/vorrebbe farla lui a loro.

     

    In realtà non avrebbe neanche tanta voglia di far festa: alla sua età cosa c’è da festeggiare? Il fatto di essere ancora vivi e in discreta salute, che i tuoi cari sono ancora tutti vicini a te, che nessuno si è perso per la via….

    Beh se ci pensi a mente fredda non é affatto poco, tutt’altro. Ma nessuno può davvero accettare il proprio decadimento senza soffrirne.

     

    Ogni tanto incespica con le parole, oppure finge di ricordare quegli episodi passati che di tanto in tanto raccontano a tavola e che lo riguardano e ride con loro per compiacerli, per non far percepire la distanza che li separa. Giorni, ogni volta solo pochi giorni in più, ma pesano tutti come macigni.

     

    Sale con difficoltà su quella sedia per l’arbitro (anche quella aveva messo, aveva curato tutti i particolari). E’ un po’ instabile oltre che tutta arrugginita.

    La ruggine, la muffa… ecco le cose che non dormono mai e scavano, erodono e corrodono. Che fanno fino in fondo il loro dovere.

    Fa caldo oggi e in fondo qui si sta bene.

    Chiude gli occhi e un po’ si appisola.

    Li riapre a fessura stretta per difendersi dal sole. Sta scrutando con attenzione la linea di fondo campo.

    “Buona!” giudica inesorabile.

    “Babbo cazzo è fuori di almeno dieci centimetri! Scendi a vedere perlomeno!”

    “Sandro sta zitto e porta rispetto a tuo padre. Non sono ancora rincoglionito e ci vedo benissimo per tua sfortuna! 40 a 0. Sergio batti pure!”

     

    Attende la battuta successiva che però tarda ad arrivare.

    Si riscuote e un po’ poi si preoccupa per quel sogno ad occhi aperti.

    Scende. Non vuol mica prendere un colpo di sole… se no poi chi la sente a sua moglie…

     

    Una pallina semi sfasciata giace abbandonata chissà da quanto nell’erba alta lì vicino.

    La raccatta e prova a farla rimbalzare sulla terra rossa.

    Macché, niente.

     

    Gli vien voglia di urlare. Tutta la sua rabbia, tutta la sua inadeguatezza.

    Perché è su cose così che costruiamo i nostri sogni e misuriamo i nostri fallimenti.

     

    Poi sente che lo stanno chiamando a gran voce. Risponde, agita una mano per richiamare l’attenzione.

    “Nonno ma che diavolo ci fai qui? E’ mezz’ora che ti cerchiamo dappertutto! Madonna come é rovinato sto campo…”

     

    Gli frulla in testa una idea di complicità “Franci che dici proviamo a risistemarlo?”

    “Nonno ma tu sei matto? Ma chi ce lo fa fare? Chi ci viene poi qui a giocare? Io no di certo”.

     

    Si guarda intorno in cerca di un appiglio. Uno qualunque. Vorrebbe ribattere, dirle qualcosa di convincente… e però mentre si allontanano insieme gli esce solo un “Ma si hai ragione tu, fanculo”.

     

    Giuseppe Pugliese è nato a Napoli 57 anni fa. Originario di Procida, fin da piccolo ha divorato libri. La sua citazione preferita è infatti questa frase di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni”. Pugliese ha scritto molti racconti, tanti dei quali pubblicati in varie raccolte.

    Pubblicazioni: IoRacconto – 2009, Pendolibro  – e book 2013 e 2014, Antologia “Dalle terre di Giotto e dell’Angelico” – 2015 e 2016, I Racconti di Radio 1 Plot Machine – e book II ed. 2016 e  IV ed. 2018, Antologia Napoli Cultural Classic XIII edizione (2018 in pubblicazione) – nano racconto.