In questi ultimi anni abbiamo assistito ai successi di Stan Wawrinka, vincitore di tre tornei del grande slam. Secondo molti le imprese di Wawrinka non sono dovute unicamente al suo impeccabile stile o alla potenza dei suoi colpi, ma parte del merito va sicuramente attribuito al suo allenatore Magnus Norman.
Norman, oltre ad essere un ottimo allenatore, può vantare anche una straordinaria carriera da giocatore: il gioco del tennista svedese era caratterizzato da un potente dritto, con cui spesso riusciva a condurre lo scambio. La sua risposta di rovescio era in grado di fronteggiare i colpi d’attacco delle leggende del tennis di quegli anni. Norman era molto abile anche nel gioco a rete.
A soli ventiquattro anni, verso la fine degli anni’90, aveva già conquistato otto titoli ATP, sconfiggendo avversari come Tommy Haas, Corretja, Rios e Chang. Il tennista svedese era considerato tra i potenziali eredi di Borg, Wilander ed Edberg. In quegli anni la Svezia vantava tanti giovani talenti, tra cui Enqvist, finalista all’Australian Open sconfitto da Kafelnikov e Thomas Johansson, futuro vincitore del grande slam australiano nel 2002. Nel 1998 Norman e i suoi connazionali mandarono in frantumi il sogno italiano di vincere la Coppa Davis nella finale disputatasi a Milano. Norman giocò il primo incontro contro Gaudenzi, terminato al quinto set sul 6-6 a causa dell’infortunio del tennista italiano.
Nel 2000 l’Italia fu ancora una volta il teatro di un grande successo di Norman che vinse gli Internazionali d’Italia a Roma, sconfiggendo in finale Kuerten, vincitore del Roland Garros nel 1997. A quei tempi Kuerten era ritenuto uno tra i migliori giocatori sulla terra battuta, ma in quella finale riuscì a strappare solo un set all’avversario. Magnus Norman lasciò trasparire una grande determinazione oltre al suo innato talento. Un mese dopo il tennista svedese era tra i favoriti sul tabellone del Roland Garros. Sicuro delle proprie capacità nei primi turni del grande slam parigino sconfisse Guardiola, Santoro, Sargisian, non perdendo nemmeno un set.
Negli ottavi di finale, Norman incontrò Medvedev, il finalista dell’edizione precedente del torneo. Nel pubblico era ancora vivo il ricordo della finale combattuta tra Medvedev e Agassi, e anche Norman lasciò la sua impronta con le sue azioni incisive e determinate: riuscì ad imporre il suo gioco, non lasciando all’avversario alcun margine di iniziativa, infatti il tennista ucraino riuscì ad aggiudicarsi solo sei games in tutta la partita.
Nei quarti di finale Norman era atteso da un altro giovane promettente, Marat Safin. La partita fu molto emozionante, i due giocatori diedero vita a un gioco spettacolare, entusiasmando il pubblico. Norman vinse i primi due set, ma nel terzo concesse una palla break decisiva, perdendo. Il tennista svedese riuscì a mantenere la concentrazione e lottò fino alla fine, aggiudicandosi il quarto set per 7-5. Magnus Norman era divenuto uno dei giocatori più amati in quell’edizione del Roland Garros. La semifinale gli riservò minori difficoltà . Norman sconfisse in tre sets l’argentino Squillari.
La finale del Roland Garros del 2000 ebbe gli stessi protagonisti degli Internazionali di Roma: Kuerten e Norman. Fin dai primi scambi, gli spettatori ebbero la consapevolezza che sarebbe stata una partita indimenticabile, tesa allo stupire e all’entusiasmare. Come artisti, che con mano ferma, lasciano il loro segno sulla tela, così i due tennisti volteggiando la racchetta nell’aria dirigevano la pallina nei posti più impensabili. Kuerten costrinse Norman a rispondere a colpi potenti e angolati, spostandolo da una parte all’altra del campo. Gli appassionati di tennis ricordano ancora il magnifico punto del tennista svedese conquistato con una demi-volée di rovescio in recupero sul potente rovescio di Kuerten. Norman riusciva ad arrivare sulle smorzate di Kuerten da fondo campo e poi a chiudere il punto con la volée, dopo aver tentato prima di scavalcare l’avversario con un pallonetto.
Nonostante il suo raffinato gioco, Norman perse i primi due set. Nel terzo set, lo svedese punto nell’orgoglio concesse solo due games all’avversario. Il quarto set della finale fu ricco di suspense e di colpi di scena e terminò al tie-break. Norman annullò diversi match point, dimostrando al pubblico che non aveva nessuna intenzione di mollare a pochi passi dal traguardo. Il sogno del giovane svedese si infranse quando il suo attacco di dritto terminò a pochi centimetri fuori dalla riga. Aveva sfiorato l’impresa, giocando la migliore partita della sua carriera. Sarebbe stato un lieto fine meritato, per una carriera fatta da sacrifici, duro lavoro e ambizione. I sogni non sempre si realizzano, gli sforzi non sempre vengono ripagati, ma le emozioni vissute durante tutto il percorso per arrivare in quella finale sono ancora vive e non verranno mai cancellate.