Intervista esclusiva a Lorenzo Musetti: l’importanza di non porsi limiti

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Lorenzo Musetti è uno dei volti nuovi del tennis azzurro. Lui, Giulio Zeppieri e Jannik Sinner rappresentano la nuova generazione di talenti Made in Italy. Giocatori creati col lavoro che si stanno forgiando per brillare in futuro nei palcoscenici più importanti del mondo. Lorenzo Musetti incarna il prototipo alla perfezione: diritto efficace e consistente, rovescio (ad una mano) che viaggia a meraviglia e tanta rapidità di gambe. Il carrarese è passato agli onori della cronaca per la sua vittoria agli Australian Open Juniores di inizio anno e, dopo un periodo di comprensibile Up&Down, è alla ricerca della continuità.

 

Ciao Lorenzo, partiamo dalla domanda più semplice, come giudichi la tua stagione?

Certamente la vittoria in Australia mi ha dato molta fiducia, forse perché non era nelle mie aspettative. Era sicuramente un desiderio, ma ero arrivato in finale anche agli Us open e non era andata bene, quindi vincere è stato come realizzare un sogno.

 

E dopo quello slam suppongo che la popolarità che ti è piovuta addosso si sia fatta sentire. Che tipo di peso ha avuto?

Dopo lo slam ho avvertito questa pressione mediatica. Ho provato a giocare i Challenger e non sono stato fortunatissimo nei sorteggi, ma poi la stagione è proseguita abbastanza bene. Ho preso i primi punti Atp al Challenger di Mouratoglu e ho proseguito il percorso di crescita a Barletta e Francavilla. Poi c’è stato l’exploit di Milano, che è stato un torneo davvero fantastico per me. Poi i sorteggi di Como e Genova mi hanno messo di fronte avversari forti ed esperti come Travaglia e Kohlschreiber..

 

Pensi di aver capito come gestire la pressione?

Un po’ di pressione agonistica ci deve essere per permettermi di affrontare la partita nel modo giusto. Quella che te la puoi mettere da solo, oppure dando importanza alle opinioni della gente, facendola diventare interna. Pensa che mi succedeva spesso di non riuscire a respirare bene, col risultato che finivo per contrarmi troppo con influenze negative sul mio gioco. Quindi ho lavorato molto sulla respirazione grazie anche al progetto di gruppo con Lorenzo Beltrame. In sintesi, sto cercando di gestire bene la pressione, anche se a 17 anni non è facile.

 

Hai citato le sedute di gruppo, su cosa vi focalizzavate esattamente?

Abbiamo iniziato la seduta con Beltrame parlando di cosa significhi essere un professionista. E la risposta è stata che, anche se scendi in campo teso, stai giocando male e non senti la palla, devi comunque fare il tuo dovere. Questo è il tuo lavoro e ti devi guadagnare da vivere così.

 

Atleti ad alto livello in ogni sport applicano la tecnica della visualizzazione, ossia immaginano le cose prima che accadano e le propongono a loro stessi in una chiave positiva, così da non trovarsi impreparati quando accadranno realmente. È una cosa che stai sperimentando anche te?

Una, forse due volte all’anno viene a Tirrenia Andrea Cagno che lavora sugli occhi e sulla visione del gioco, ma abbiamo lavorato più su concetti in generale. Ho visto Matteo Berrettini che dall’anno scorso ha iniziato a farlo individualmente, ma sentendo anche Vincenzo Santopadre pare che per un ragazzo di 17 anni sia un po’ troppo presto..

 

Una buona percentuale dei tuoi colleghi segue meticolosamente una routine, tu nei hai già maturata una?

Fino ad adesso nessuna in particolare. Forse, ecco, quando faccio un bel punto cerco di riprendere la stessa pallina con la quale l’ho fatto. Oppure un’altra; metto sempre il calzino sinistro per primo, ma è più una cosa che faccio in automatico che altro.

 

Hai un esempio da seguire e dal quale trai ispirazione?

Mi viene in mente Lorenzo Sonego. É uno che si svaga fuori dal campo, ma quando entra è tutta un’altra persona. In partita è un animale, si trasforma. In campo da sempre il 1000 per 1000, non vuole mai perdere, e questo mi piace molto.

 

In chiusura, cosa ti auguri per il tuo 2020?

Spero di riuscire ad avere un anno con meno flessioni e avere un ranking che mi consenta di entrare nelle qualificazioni di uno slam. L’importante è non porsi nei limiti.