La rubrica “Il museo del tennis” vi porta alla scoperta delle racchette che hanno fatto la storia. Oggi è la volta della mitica Head Specter.
La racchetta Head Specter
“Sarete belli voi”. Ricordate la trasgressiva pubblicità della Fiat Multipla che, ammettendo la propria singolarità estetica, arrivava perfino a scherzarci sopra?
Ebbene nel gennaio 1980, quando le uniche eccezioni ‘credibili’ alla classica racchetta in legno erano la Head Arthur Ashe Competition o la Wilson T2000 di Jimbo Connors, viene presentata al mondo la Head Specter, una racchetta per aspetto, qualità e natura veramente “mostruosa”.
É il primo tentativo di “racchettone” che porterà, qualche anno dopo, alla creazione del mitico modello Graphite 110 della Prince reso celebre da Chang, Agassi, Sabatini ed altri numerosi pro (vi ricordate di Gene Mayer?).
La novità della Head Specter è la superficie, fuori dal comune per l’epoca, che offre una zona utile di impatto (lo sweet-spot) superiore del 50% rispetto agli attrezzi tradizionali. L’utilizzo di materiali nuovi come fibra di vetro e carbonio permettono di ‘allungare’ il telaio di due centrimetri ed ‘prolungare’ il piatto corde verso il basso. Il risultato, in quel momento storico, è eccezionale!
Oltre a realizzare il sogno di ogni tennista di tirare più forte, si trasformano tutte le “stecche” o i recuperi impossibili con le racchette di legno in veri e propri siluri. A dispetto della forma l’attrezzo è poi molto più maneggevole e bilanciato, la prima vera potenziale racchetta per tutti.
Al giorno d’oggi tutto questo può far sorridere visto che siamo abituati a racchette leggerissime che perdonano ogni imperfezione tecnico-fisica del giocatore di tennis. Però provate ad effettuare qualche colpo con una Maxima Torneo o una Wilson T2000. Sul vostro viso si disegnerà la stessa incredulità, ma di segno inverso, dei pochi fortunati possessori della Head Specter dell’epoca.
Arthur Ashe dopo averla provata quasi indispettito disse un giorno: “questa racchetta ti toglie tutto il lavoro”. A posteriori potremmo aggiungere… e forse anche un po’ di poesia!