Di Giorgio Panini
Lo ricordo come fosse ora, quel 25 ottobre 2008: ero nel campo 4 dello Junior Tc Arezzo e stavo giocando la semifinale del torneo sociale di doppio. Io e il mio partner vinciamo in due set e, appena terminato l’incontro, arriva la doccia gelata: un socio informa i presenti che Federico Luzzi era morto. Morto a causa di una leucemia fulminante.
Incredulo corsi a casa a portare la notizia ma non ce la feci a finire la frase che scoppiai in un pianto dirotto, e ininterrotto, che duró per un paio di giorni almeno. Mi contenni, non so come, solo durante il funerale. Una domanda mi tormentava: perché lui? In un certo senso mi aveva colto la ‘sindrome del sopravvissuto’: Federico, Chicco per gli amici, aveva 28 anni e io 21. Poteva capitare a me, o a tanti altri.
Lui, per noi giovani tennisti aretini, era sempre stato un idolo. La sua storia nel nostro piccolo grande mondo tennistico parte dal titolo mondiale a squadre Under 14, conquistato insieme a Nahuel Fracassi, e nel suo percorso tocca vette comunque altissime col best ranking al numero 92 ATP, appena ventidueenne, e la meravigliosa cavalcata di Roma 2001 con gli ‘scalpi’ eccellenti di Clement e Arazi. Nel 2002, purtroppo, una serie di infortuni costringono Chicco ai box e a una lenta risalita, culminata nel 2007 col ritorno tra i primi 110 ATP e la convocazione in Davis contro il Lussemburgo, avvenuta poco prima della strana e sommaria squalifica di diversi mesi per scommesse ‘di pochi euro’ e su match non suoi. Nel 2008, dopo una serie di provini per il cinema Made in Usa, il tentativo di rientro nel Circuito viene fermato da un malessere diffuso e improvviso. Era quella leucemia che soltanto pochi giorni dopo lo avrebbe portato al decesso.
Di Fede ho un ricordo particolare e indelebile: correva l’anno 2004 e, insieme ai miei compagni dell’Under 18 del Ct Arezzo, ci giocavamo lo spareggio per accedere alla seconda fase regionale. Il mio match di singolare era tesissimo e decisivo e a un certo punto, tra i tantissimi supporters locali, a farmi il tifo apparve Lui. Io, misero 4.4, vinsi quel match contro un 4.2 dopo oltre 3 ore e mezzo di battaglia, spinto dal tifo incessante del mio pubblico e del mio idolo. Federico, al termine dell’incontro, si avvicinò e mi disse: “grande, lunedì voglio che mi scaldi te”. E così fu: palleggiai, in stato di trance, per 5 minuti insieme a lui. Chicco era così, un cuore d’oro e un’anima buona. Dette soddisfazione a un ragazzo che conosceva di vista, ma sapeva benissimo che mi avrebbe reso la persona più felice del mondo a fare quel piccolo, seppur simbolico, gesto.
Il suo cuore si è fermato il 25 Ottobre di 10 anni fa ma oggi il suo ricordo batte vivo più forte che mai grazie alla AIL Federico Luzzi che continua imperterrita a raccogliere fondi in suo onore con l’obiettivo, e la speranza, di salvare più vite possibile.