Davis tra passato e futuro

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Di Adriano Spataffi

 

Archiviata anche l’insalatiera 2017 si arriva alla fase, come ogni anno, in cui si pensa al perché la Davis non trasmette l’entusiasmo che il fascino di una competizione tra nazioni dovrebbe invece infiammare sia tra il pubblico, non inteso come chi è presente nei tre giorni di gara, sia, soprattutto, tra gli addetti ai lavori, giocatori in testa.

I problemi sono i soliti noti: in primis, in un calendario ormai intasatissimo, portare i top-player a giocare due partite (spesso tre con il doppio) sui cinque set, che nel peggiore dei casi sono a parecchie ore di volo di distanza e su superfici molto diverse rispetto ai tornei programmati, significa chiedere uno sforzo che solo un grande amor di patria può giustificare. Poi mettiamoci dalla parte dello spettatore, due partite consecutive sui cinque set sono tante. La Davis è tra i pochissimi eventi che può richiamare alla tv anche gli “occasionali”, questi però difficilmente digeriscono due partite in serie sui cinque set, che richiederebbero, tra l’altro, il sacrificio di un giorno di lavoro/studio (il venerdì) o di quasi un’intera domenica.

Venendo poi agli aspetti più teorici, una formula nata con la nascita della Davis stessa (1900), cioè quella di quattro singolari “incrociati” e un doppio, probabilmente oggi non è più la più corretta ad esprimere il reale valore di un movimento tennistico. E’ palese che oltre un secolo fa i giocatori a disposizione delle proprie rappresentazioni (e le stesse squadre) fossero minori di oggi, nel mezzo sono passati il grande sviluppo del Tennis e dello sport in generale, l’avvento del Tennis Open, con l’apertura ai professionisti nel ’73, e la crescita esponenziale proprio del numero dei professionisti stessi. Che in queste condizioni ancora bastino due buoni giocatori, o addirittura, in alcuni casi, una stella e un doppista che “non fa danni” a fare di una squadra una corrazzata è abbastanza un controsenso. Se si può obiettare che la vittoria della Francia, con nessun giocatore qualificato al master finale di Londra (Herbert escluso), smentisca questi ipotesi, non si deve ignorare (senza sminuire i meriti dei transalpini), come questa sia arrivata in un anno in cui pochi sismi big si siano davvero dedicati quest’anno alla vittoria dell’insalatiera, tra infortuni e stimoli mancanti per il fatto di averla già vinta (Federer e Nadal).

Già, ma cosa fare dunque? Proviamo, umilmente a formulare una nostra proposta, niente più che un’ipotesi pourparler, prendendo spunto da cosa ha funzionato nelle due novità di quest’anno, la NextGen e la Laver Cup.

– Match sui 3 set anziché sui 5 (e con punti ATP): l’argomento è stato affrontato questa estate, quando nell’assemblea generale ITF, però, non si sono raggiunti i due terzi necessari dei votanti per ridurre ai 3 set gli incontri. E’ vero che secondo Nadal non è questo il problema della Davis, è anche vero che, nello spezzare il calendario, chiunque preferirà giocare in meno set, dato che oltre tutto ai più forti sono chieste almeno due partite. A rafforzare questa tesi, il fatto che quarti e semifinali si svolgono subito dopo Wimbledon e Us Open, come fatto notare nientemeno che da Andy Murray tra gli altri, dunque ulteriori incontri sui cinque set sono un deterrente non da poco per chi è uscito magari alla seconda settimana dello slam. Lasceremmo da parte i set brevi ed il no-ad, la Davis si presta benissimo agli scontri di resistenza con rimonte e occasioni mancate che il tennis può offrire.

– Restano cinque incontri ma con tre singolari e due doppi, un giocatore, al massimo farà un singolare ed un doppio: L’obbligo di schierare minimo 4 giocatori, contro i due di adesso, sicuramente aumenta l’importanza del concetto di “rosa” e, perché no, di strategie; Federer e Wawrinka potrebbero ancora bastare a vincere l’insalatiera, ma quanto meno si evitano i casi di un superbig che si porta da solo i punti del singolare e trascina una buona comparsa anche nel doppio. Non solo, dato il buon interesse che il marchio NextGen ha riscosso in tutta la stagione, con un ottimo livello espresso e il buon epilogo a Milano, si potrebbe aggiungere l’obbligo di utilizzo in un singolo e/o in un doppio proprio di una giovane leva, con sorprese annesse dietro l’angolo.

– Dividere in due giorni anziché in 3: Piangeranno gli introiti dei biglietti, rideranno, probabilmente, quelli dai diritti TV. Ma alleggerire il week-end di una giornata di gara (cosa che a volte capita ma che va a scapito della domenica, quando il tifoso sarebbe più libero) non credo sia cosa sgradita a nessuno dei giocatori e nemmeno a molti spettatori. Due singolari il sabato, un singolare e, eventualmente, uno, o due doppi la domenica: la fatica individuale diventa davvero relativa, i tempi diventano più simili ad un torneo e, quindi, più televisivi. Certo il problema è che si rischiano partite chiuse fin dai singolari, ma se si notano, ad esempio, le 16 squadre del tabellone mondiale di quest’anno è difficile trovare un abbinamento in cui sui tre singolari ci sia una squadra in favore di pronostico in tutti e tre, forse la Spagna, ma molto dipendente dalla presenza di Nadal e dall’eventuale superficie. Inoltre, meglio non essere certi di vedere un doppio che assistere, come avviene in molti casi, a coppie di gregari che hanno il solo compito di far riposare i big.

Proposte e idee per riportare i big alla Davis che in fondo, non scordiamolo, è un mondiale.