Querrey-Anderson e la gioia del tennis di notte: cronaca semiseria di una serata conclusa nella prima fila dell’Arthur Ashe, alle 2 del mattino, a tifare come degli ultras per Sam Querrey

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da New York, Daniele Rossi

Succede che Petra Kvitova e Venus Williams decidono di giocare la partita della vita. Succede che per le congiunzioni astrali che ormai tutti conosciamo, Sam Querrey e Kevin Anderson sono arrivati a sfidarsi per arrivare in semifinale di uno Slam, per giocare nientemeno contro Pablo Carreno Busta. Succede che è martedì sera e sono quasi le 11, la stragrande maggioranza del pubblico è andata a casa, così come i colleghi giornalisti, fuggiti consapevoli di aver già in tasca la storia di giornata, ovvero la semifinale tra Venus e Stephens.

Succede quindi che il vostro inviato si accomoda in tribuna stampa in compagnia di un collega italiano di un’altra testata per seguire il match. Siamo gli unici. Nonostante ci sia un giocatore americano i posti occupati per la stampa sono totalmente deserti. La qualità del match, l’ora tarda e il fatto che su 16mila posti dello Stadio ne siano occupati meno di un migliaio, già ci fa sentire eroici.

Decidiamo che per dare un senso alla serata dobbiamo tifare Querrey. Non si dovrebbe, perché dovremmo essere imparziali, ma per stasera va così. Tifiamo Sam perché americano, perché ci sta più simpatico e perché Anderson-Carreno Busta sarebbe una brutta semifinale anche in un Atp 250. C’è un problema però. Querrey è un mezzo disastro, mentre il sudafricano è implacabile. Sam perde il primo set al tie-break. Continua a servirgli sul rovescio che è il suo colpo migliore e infatti Kevin grazie a quel colpo si prende il primo parziale.

 Siamo atterriti quando Anderson va di un break avanti nel secondo, ma ci esaltiamo quando Querrey lo recupera. Il tie-break è una tragicommedia. Querrey va avanti 6-1 e cominciamo a rilassarci, ma Anderson no. ‘Questo tie-break non è ancora finito’ sentenzia il collega e infatti Kevin recupera fino al 6-6, poi Querrey gioca un punto in difesa che manco il Nadal del 2008 e riesce rimettere in piedi la partita.

 Esultiamo, noi e un tizio ben vestito decisamente su di giri poche file davanti a noi. La nostra impressione è che più che un appassionato tifoso di Querrey sia uno che si è scommesso la casa sulla vittoria dell’americano.

Il terzo set è un pianto. Big Sam manca il break nel primo gioco nel suo momento migliore e ci è chiaro fin da subito che è un punto che rimpiangerà per tutta la vita E infatti Anderson, forte di una percentuale di prime spaventosa, vince anche il terzo set.

 Ormai è passata l’una e dopo l’amara conclusione del terzo parziale lo Stadio si è svuotato ulteriormente. Ne approfittiamo per scivolare nella prima fila della tribuna, seguiti a ruota del tizio ben vestito che urla a Sam ‘you are better than him’. 

Siamo praticamente in campo, a pochissimi metri dai giocatori. Da qui apprezziamo l’incredibile velocità di palla e di quanto questi due giganti debbano scendere dal terzo piano per colpire.

Nel frattempo si è aggiunto un altro collega e ci trasformiamo nella Brigata Querrey, che a pochi metri di noi probabilmente si chiede chi siano questi pazzi invasati che tifano per lui. Non ce ne frega dell’ora, vogliamo Big Sam, vogliamo un quinto set, vogliamo che questa serata epica finisca all’alba per tramandarla alle prossime generazioni.

Al tie-break del quarto set siamo tesi come corde di violino e quando Sam annulla il primo match point esultiamo più noi che il suo box. Querrey ha un set point ma Anderson lo annulla, mentre ci chiediamo come i tennisti possano giocare punti del genere mentre noi in tribuna stiamo per avere un attacco cardiaco. Secondo match point per Anderson. Querrey serve, Anderson risponde bene come ha fatto per tutta la partita e Sam sbaglia il centesimo rovescio della serata.

 Il nostro uomo ha perso, il pezzo che scriveremo non interesserà quasi a nessuno, dormiremo poco, ma non ci dimenticheremo ma la volta in cui abbiamo tifato Querrey sulla prima fila dell’Arthur Ashe alle due del mattino.