Challenger Bergamo: Luca Vanni e quella voglia che c’è ancora

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Nella foto Luca Vanni, 34 anni / Foto ©Antonio Milesi

Reduce dall’intervento al ginocchio, il toscano deve fronteggiare l’ennesima scalata. “Ho qualche dubbio, ma se sono ancora qui è perché ci credo”. I traguardi per il 2020: top-200 ATP e matrimonio. Peccato per Matteo Gigante: sfiora il successo contro De Greef. Avanti Arnaboldi, Brancaccio e Zeppieri.

Dodici mesi fa, Luca Vanni otteneva il suo miglior risultato al Trofeo Perrel – Faip di Bergamo (46.600€, Greenset): un piazzamento nei quarti. Nonostante le buone prestazioni, era preoccupato per le condizioni del ginocchio destro. Gli provocava dolore, lo costringeva a imbottirsi di antidolorifici. Aveva ancora fiducia nei trattamenti conservativi, ma da lì a poco la situazione sarebbe diventata insostenibile: ad aprile si è operato, interrompendo l’attività per tre mesi.

“E il rientro non è stato facile: in estate mi presentavo ai tornei e mi rendevo conto di non avere grosse chance – racconta Vanni, autore di un buon successo contro Fabrizio Ornago – il 10 agosto mi sono fermato di nuovo, mi sono concesso una vacanza e poi ho ripreso ad allenarmi a settembre, per due settimane. Per la prima volta, finalmente, non ho avvertito dolore. Non a caso ho raccolto 55 punti ATP negli ultimi mesi dell’anno”.

Oggi c’è da ripartire di nuovo, da zero o quasi. L’inizio di stagione non è stato facile, con una sola vittoria in tre tornei. Il 6-1 6-2 contro Ornago può essere un buon punto di partenza per un anno importante anche sul piano personale (a settembre – non più a giugno – si sposerà con la storica fidanzata Francesca), anche se l’attuale classifica non è delle migliori (n.446 ATP) e il rallentamento delle superfici non gioca a suo favore: “Ormai non esiste più il veloce indoor, inoltre a Bergamo si gioca con quattro palline e il tappeto è completamente nuovo, quindi ancora più lento. Nel tour non ci sono mai partite facili, probabilmente lui ha pagato la pressione di giocare vicino a casa e ci teneva particolarmente. D’altra parte, nemmeno io vengo da un periodo ‘luccicante’. Diciamo che è stata una partita ordinata”. C’è un pizzico di preoccupazione nelle parole di Vanni, anche se – per sua stessa ammissione – sono paure eccessive.

 

OBIETTIVO TOP-200 ENTRO FINE ANNO

“Ho avuto una offseason molto breve, sul finire dello scorso anno ho fatto tante cose in poco tempo e ne sto pagando le conseguenze con una forma così così. Il ginocchio non è un grande preoccupazione, semmai c’è la necessità di ripartire dai Futures e lottare su ogni punto. In passato ho avuto paura di smettere, ma se sono ancora qui significa che ci credo ancora. In fondo ci sono tanti esempi di giocatori che, al loro livello, sono andati avanti a lungo. Federer va per i 39 anni…”. In effetti, l’anno scorso, Vanni parlava di altri 4-5 anni di carriera. 

 “Vero, ma allora ero numero 140 ATP – ammonisce – magari mi sto preoccupando più del dovuto, anche perché non ho punti da difendere fino a ottobre e la mia classifica non potrà che migliorare”. L’obiettivo del 2020 è più che fattibile: tornare tra i top-200 ATP, in modo da giocare senza patemi tutti i Challenger, le qualificazioni ATP e mettere il naso degli Slam (“Al giorno d’oggi, anche le qualificazioni sono molto remunerative”).

Sono trascorsi cinque anni esatti dalla favola di San Paolo, quando da perfetto sconosciuto colse una storica finale al torneo ATP. Sarebbe bello festeggiare la ricorrenza con un grande risultato a Bergamo. “Non ho nessun rimpianto per quello che ho vissuto in questi cinque anni – dice – se allora avessi saputo come sarebbero stati, ci avrei messo la firma.

Il rimpianto, semmai, è per non averlo fatto prima. In realtà sono sempre stato molto professionale, ho sacrificato la vita personale per il tennis, ma c’è voluto un po’ di tempo affinché chi mi vuole bene riuscisse a farmi credere in me stesso. D’altra parte, se batti per quindici volte un top-100 significa che hai un certo valore”. Quel valore che “Lucone” sogna di dimostrare, ancora una volta, al Trofeo Perrel-Faip. Tornerà in campo già martedì, nel primo match della sessione pomeridiana (non prima delle 14) contro il francese Tristan Lamasine, semifinalista nel 2019.

GIGANTE SFIORA L’IMPRESA: CINQUE MATCHPOINT SCIUPATI

Grande delusione per Matteo Gigante. Il giovane romano, classe 2002, è arrivato a pochi centimetri da un successo inatteso contro Arthur De Greef (n.288 ATP), semifinalista nella passata edizione (perse al fotofinish contro Roberto Marcora).

Nel 6-7 7-6 7-5 finale, Gigante ha avuto cinque matchpoint, i primi quattro sul 7-6 6-5 e servizio: rammarico per il primo, in cui aveva tirato un ace: il belga si era già incamminato verso la rete per la stretta di mano, ma la palla era fuori. A quel punto, Gigante (all’esordio assoluto nel circuito Challenger) ha un po’ tremato e si è fatto riprendere, cedendo il tie-break. Ancora emozioni nel terzo: l’azzurro ha avuto un problema muscolare alla coscia sinistra, trovandosi costretto a giocare quasi da fermo per metà parziale. Nonostante tutto, sul 5-4 aveva un altro matchpoint.

L’occasione svaniva su una discesa a rete di De Greef, su cui l’italiano tentava un pallonetto ravvicinato che finiva lungo. Sfumata l’ultima chance, veniva abbandonato dalle ultime energie mentali e cedeva rapidamente gli ultimi due game. Davvero un peccato, perché Gigante ha sorpreso in positivo: mancino, con un bel rovescio a due mani, adotta una gestualità molto personale, che ricorda un po’ quella dello slovacco Martin Klizan. Da un anno e mezzo si allena presso la Rome Tennis Academy di Vincenzo Santopadre e Stefano Cobolli, entrambi presenti al suo angolo. Fino a oggi, Gigante si è limitato all’attività giovanile: prima del Trofeo Perrel-Faip, l’unico evento professionistico a cui aveva preso parte era stato un Futures a Santa Margherita di Pula, lo scorso settembre, in cui era arrivato in semifinale.

Attualmente è numero 51 del ranking mondiale Under 18, ed è reduce dalla trasferta australiana in cui aveva colto una buona semifinale a Traralgon, oltre al secondo turno all’Australian Open Junior. Con l’esperienza, difficilmente perderà match come quello – davvero rocambolesco – visto al Pala Agnelli. Il resto della giornata ha offerto buoni risultati per l’Italia: l’eterno Andrea Arnaboldi (semifinalista nel 2014 e alla settima apparizione bergamasca) ha evitato complicazioni contro lo slovacco Lukas Klein. Avanti di un break in avvio, si è fatto riprendere ma ha ugualmente chiuso in due set (7-6 6-4 lo score). Al secondo turno se la vedrà con il francese Constant Lestienne, da cui ha perso la sua unica finale Challenger, due anni fa a Portorose. Bergamo è il luogo giusto per cercare rivincita.

Ok anche Raul Brancaccio: il campano ha avuto bisogno di un set per prendere le misure al turco Altug Celikbilek, poi ha dominato alla distanza. Adesso, per lui, ci sarà un derby contro Matteo Viola. A proposito di sfide tutte azzurre: sarà il giovanissimo Giulio Zeppieri (classe 2001) a sfidare Roberto Marcora. Reduce da un gran periodo, culminato nella finale a Cherbourg, Marcora è tra i favoriti del torneo ed esordirà contro il 18enne di Latina, che ha avuto un compito più difficile del previsto contro l’altro baby azzurro Flavio Cobolli. In un match terminato alle 20 passate, Zeppieri si è imposto 6-3 3-6 7-6, soltanto 11-9 al tie-break. Ha rimontato da 4-6 nel tie-break decisivo, cancellando in tutto tre matchpoint, prima di chiudere con un ace.