Buon esordio per Mohamed Safwat, l’egiziano costretto a pianificare i tornei con mesi d’anticipo perché in Egitto è complicato ottenere permessi di viaggio. “Però adesso sono più collaborativi e ho meno problemi rispetto al passato”. Per dare una svolta alla sua carriera ha scelto Gilbert Schaller. Vanni e Basso lucky loser: 9 italiani in tabellone.
Quando un maschio egiziano va all’estero, deve comunicare con precisione la data del rientro. Come se non bastasse, deve avere una persona o un’entità che garantisca per lui. Gli atleti sono tutelati dalle federazioni sportive, ma la burocrazia è un incubo. L’iter da seguire fa girare la testa. Per un professionista della racchetta, in giro anche 35-40 settimane all’anno, può essere un incubo. Per farcela ci vogliono qualità interiori importanti. Sta dimostrando di averle Mohamed Safwat, miglior racchetta egiziana ormai da qualche anno. Un ragazzo intelligente, già marito e padre di un bambino (Selim, che ha appena compiuto quattro anni), con il sogno di mettere l’Egitto nella geografia del tennis. Numero 226 ATP, è stato il primo a raggiungere il secondo turno al Trofeo Perrel-Faip (64.000€, Play-It) con una laboriosa vittoria sul francese Benjamin Bonzi. Un 7-5 3-6 6-2 maturato in oltre due ore, prima vittoria in tre partecipazioni a Bergamo. “Quando ho vinto il primo set ho tirato un sospiro di sollievo: finalmente ho vinto un set dopo averne persi quattro!”. Parlare con Safwat è interessante. Ha lo sguardo attento anche se è seduto su una panchina di legno, ancora sudato e con un asciugamano attorno al collo. Riesce a essere interessante anche su argomenti semplici come la descrizione di una partita: “All’inizio non mi trovavo bene. Non funzionava il dritto, che pure è la mia arma migliore. È una brutta sensazione quando il tuo colpo principale non fa danni come vorresti, ma ho mantenuto la mente attenta per trovare una soluzione”. L’ha trovata, brekkando il suo avversario sul 5-5. Nel secondo set Bonzi ha cambiato tattica, adottando parecchi serve and volley. “E giocava molto bene la volèe. Io ho cercato di essere aggressivo con il passante, ma ho commesso due doppi falli nel game in cui mi ha brekkato. Nel terzo mi ha brekkato ancora una volta, ma sono rimasto calmo e tranquillo. Ho capito che dovevo fargli giocare più volèe, perché avrebbe anche potuto sbagliarle. Il momento chiave è stato il settimo game: avanti 4-2 e 40-15 lui non si è arreso, ha conquistato una palla break ma ho saputo ammazzare la partita. Come spesso accade, ho giocato meglio di lui nei momenti importanti”.
PERMESSI DI VIAGGIO
Safwat non raggiungerà i livelli di Ismael El Shafei, miglior giocatore egiziano di sempre (n.34 al mondo e quartofinalista a Wimbledon nel 1974) e per adesso è anche alle spalle di Tamer El Sawy, ultimo rappresentante di un certo livello. Però è un punto di riferimento di una realtà piccola ma in espansione.“In Egitto il tennis non è uno sport molto importante. Siamo una piccola comunità, sia pure in crescita. Non è certo come in Italia, dove ci sono tanti buoni giocatori”. E poi c’è il problema dei permessi di viaggio, quel “travel permit” che gli ha creato tanti problemi, soprattutto a inizio carriera. “Adesso va meglio – dice Safwat – sono più collaborativi rispetto al passato e mi offrono dei visti particolarmente lunghi, così non devo tornare troppo spesso. Per me è solo un problema di programmazione: devo pianificare tutto con grande anticipo, non è come i giocatori europei: per esempio, adesso devo già programmare aprile e maggio. Però faccio del mio meglio”. Il 2018 è una stagione importante per Mohamed: un paio di mesi fa ha interrotto la collaborazione con lo storico coach Martin Spottl. “O meglio, lavoro ancora con lui, però faccio più allenamenti e viaggi con Gilbert Schaller. Con Spottl ho ottenuto il best ranking, per me è più di un coach. È come un fratello maggiore, mi ha fatto diventare quello che sono oggi. Grazie a lui sono più forte sia fisicamente che mentalmente. Abbiamo vissuto tanti alti e bassi, momenti difficili, frustrazione… ma lui era sempre al mio fianco e mi ha spinto ad andare avanti e di tenere duro. Gli sarò sempre grato”. A ben vedere, Safwat non ha neanche cambiato città. Continua ad allenarsi a Vienna, ma con Schaller. “Avevo bisogno di un extra, un nuovo punto di vista: come giocare, come pensare, individuare le debolezze degli avversari. Schaller è molto buono in questo, era molto intelligente in campo. In passato avevamo collaborato, mi aveva seguito per qualche settimana ma a dicembre abbiamo iniziato ufficialmente. Devo dire che sono cambiate molte cose nel mio gioco e nella mia mente. Oggi il dritto non funzionava, ma grazie ai suoi suggerimenti ho trovato la chiave per uscirne”.
NUOVE PROSPETTIVE
Il nuovo approccio di Safwat è frutto di una crescita interiore che non abbraccia solo il tennis, ma il modo di interpretare la vita. “Ho smesso di pormi obiettivi di classifica. Ovviamente vorrei salire il più in alto possibile, ma voglio concentrarmi sulle cose che posso controllare: servizio, dritto… la classifica non la puoi controllare. Nei primi mesi quest’anno voglio migliorare la percentuale di prime palle e rendere più regolare il dritto. Riuscendoci, i risultati verranno di conseguenza”. Per farcela, si è affidato a una psicologa con cui lavora da due anni. “Mi ha fatto cambiare ogni prospettiva, non solo come giocatore ma anche come persona. Vado in campo e mi diverto, è inutile sentirsi frustrati anche se a volte può accadere: per esempio, la scorsa settimana ho perso nei quarti a Chennai. Potevo vincere, ero avanti di un break… ma che senso ha prenderla male? I punti, i ranking… tutti vogliono migliorare, ma per la mia esperienza non funziona. Meglio avere obiettivi diversi. E posso dire che gli ultimi due mesi sono stati i migliori della mia vita”. Come detto, quella del 2018 è la terza apparizione di Safwat a Bergamo. E pensare che aveva rischiato di non venire…“L’anno scorso il campo era un po’ troppo veloce e avevo pensato di lasciar perdere, poi quando ho visto che era cambiata la superficie ho deciso di provarci. Sono molto contento di questa scelta, credo sia molto positiva anche per il pubblico. Non penso sia divertente vedere soltanto servizio, risposta e poco altro. Adesso si palleggia, ci sono scambi spettacolari, credo che oggi si siano divertiti”. Safwat è consapevole di quanto sia difficile organizzare un torneo Challenger con i campi dislocati in varie sedi. “È difficile per noi ma anche per gli organizzatori: credo che i giocatori debbano impegnarsi al meglio per cooperare. Tutti fanno del loro meglio, tutto si può migliorare, ma anche nei tornei più grandi e prestigiosi ci sono margini di miglioramento. A parte qualche auto in più per la transportation, non penso che a Bergamo ci sia molto da fare”. Negli ottavi se la vedrà con il vincente di Moraing-Grigelis, che inaugureranno il programma di martedì.
BASSO E VANNI LUCKY LOSER
In mattinata si erano completate le qualificazioni, con tre sconfitte per gli italiani ancora in gara. Il rimpianto più grande riguarda Andrea Basso. Il ligure ha sprecato una bella occasione contro il “colored” francese Sadio Doumbia, arrendendosi col punteggio di 6-7 7-6 7-6. C’è amarezza per i quattro matchpoint sciupati, due nel secondo e altrettanti nel terzo set. Sul campo in Greenset del TC Città dei Mille, Basso ha mostrato un tennis con buone soluzioni e più adatto del suo avversario a un campo veloce, però ha davvero sprecato troppo. Va detto che ha giocato tutti i matchpoint in risposta e non ha avuto particolari chance, salvo uno in cui avrebbe potuto giocare meglio un passante (comunque difficile). Basso prendeva un break di vantaggio sul 3-3: dritto vincente sulla parità, dato buono dall’overrule del giudice di sedia, poi bella risposta incrociata. Sul 5-3 si procurava due matchpoint, ma Doumbia serviva bene. Quando ha servito per il match sul 5-4 si è “incartato” in qualche errore e ha rimesso in partita il francese. Sul 5-5 è salito 0-40 in risposta, ma non ha saputo portare a casa il game. Nel tie-break, il mini-break decisivo arrivava sul 3-3 (passante largo) e lì Andrea rimaneva senza energie nervose. Un po’ di delusione anche per Filippo Baldi, battuto 6-4 7-6 dal giovane croato (classe 1999) Nino Serdarusic. I rimpianti nascono dalla dinamica del secondo set: in svantaggio 6-4 4-0, Baldi ha continuato a lottare e ha approfittato di un po’ di distrazione (prima) e tensione (dopo) del croato. Gli ha strappato il servizio quattro volte in un’incredibile rincorsa, con tanto di due matchpoint annullati (incredibile un dritto sparato fuori di metri da Serdarusic, con Baldi che aveva rotto le corde della racchetta in risposta). Le tante energie nervose spese si sono fatte sentire nel tie-break, dove il lombardo non è mai stato in partita: 4-0, poi 7-1 e main draw sfumato. La sorte ha comunque dato una mano agli italiani: sia Vanni che Basso sono stati ripescati come lucky loser in virtù dei ritiri di Oliveira e di Nedovyesov. Con loro, dunque, la pattuglia azzurra sale a nove elementi. Nella giornata di martedì ne scenderanno in campo 6: Vanni, Sonego, Arnaboldi, Napolitano (unico impegnato ad Alzano) e il derby tra mancini Quinzi-Basso.
TROFEO PERREL-FAIP (64.000€, Greenset)
Primo Turno Singolare
Mohamed Safwat (EGY) b. Benjamin Bonzi (FRA) 7-5 3-6 6-3
Jurgen Zopp (EST) b. Bernabe Zapata Miralles (SPA) 4-6 6-2 6-2
Primo Turno Doppio
Julian Ocleppo / Andrea Vavassori (ITA-ITA) b. Salvatore Caruso / Lorenzo Sonego (ITA-ITA) 6-3 6-7(2) 10-6
Laurynas Grigelis / Alessandro Motti (LTU-ITA) b. Marin Draganja / Tomislav Draganja (CRO-CRO) 6-7(0) 6-2 10-5
Nathaniel Lammons / Alex Lawson (USA-USA) b. Filippo Baldi / Gianluigi Quinzi (ITA-ITA) 7-6(5) 6-7(4) 12-10
Turno di Qualificazione
Nino Serdarusic (CRO) b. Filippo Baldi (ITA) 6-4 7-6(2)
Laurynas Grigelis (LTU) b. Yannick Jankovits (FRA) 7-5 7-5
Sadio Doumbia (FRA) b. Andrea Basso (ITA) 6-7 7-6(3) 7-6(3)
Filip Horansky (SVK) b. Luca Vanni (ITA) 7-6(3) 6-0