Di Adamo Recchia
Facciamo la conoscenza di Elena Pellegrini, ventenne livornese, ex promessa del nostro tennis a livello giovanile.
Campionessa toscana under 14, tra le migliori in Italia della classe 1997, a 15 anni subisce un brutto infortunio al polso che ne interrompe improvvisamente una carriera in ascesa ma ancora in embrione.
Elena decide che il tennis non sarà il suo futuro, almeno professionale, si trasferisce negli Stati Uniti, a Wingate nel North Carolina, dove tuttora vive dividendo il proprio tempo tra gli studi universitari in economia e marketing e gli impegni tennistici con la Wingate University.
Elena, come hai scoperto il tennis?
Ho iniziato a giocare a tennis per puro caso. D’estate, io e mio fratello gemello, Carlo, ci ritrovavamo spesso soli in casa perché i nostri genitori lavoravano. Avevamo da poco compiuto otto anni quando un nostro compagno di classe ci invitò a giocare con lui, per passare l’estate insieme. Così io e Carlo ci siamo iscritti ai corsi estivi, giusto un paio d’ore a settimana, perché io facevo già pallavolo ed equitazione. Però il bello del tennis è che basta essere in due per giocare; così, dopo i corsi, io e Carlo passavamo ore e ore in campo a sfidarci senza tregua.
Quando hai capito che il tennis poteva diventare qualcosa più di un divertimento?
Gli altri sport non mi davano la possibilità di fare tornei sin da piccola, mentre il tennis si. Sono sempre stata una persona molto competitiva, in tutto ciò che faccio, quindi l’idea mi entusiasmava. Fu così che all’età di 10 anni mi iscrissi al mio primo torneo e feci finale. Mi qualificai per il master regionale e arrivai terza. Da quel momento è stato tutto iun crescendo. L’anno seguente arrivai seconda ai campionati regionali, perdendo con Jessica Pieri, feci ottavi ai campionati italiani e cominciai a giocare i primi tornei internazionali. All’età di 11 anni il tennis era già diventato gran parte della mia vita quotidiana. A 14 anni sono diventata campionessa toscana.
Poi cosa è successo?
A 15 anni ho subito un intervento al polso di reinserzione della fibrocartilagine triangolare, un problema che sta affliggendo molti giovani tennisti. Non ho potuto giocare a tennis per più di un anno, alcuni dottori mi avevano detto che forse non avrei potuto più giocare in vita mia. Inoltre, tutt’oggi so che questo problema potrebbe ripresentarsi in qualsiasi momento se mi alleno troppo intensamente. Da quel momento ho deciso di non voler puntare tutto sul tennis; non posso negare che mi dispiaccia, ma dopotutto mi piace studiare e sono sempre andata bene a scuola, quindi trovo una carriera lavorativa altrettanto allettante.
Ci puoi raccontare la tua esperienza americana tra Università e tennis?
Ritrovarsi a 20 anni oltreoceano, in un paese come l’America, è tanto meraviglioso quanto impegnativo. Ho imparato tantissimo vivendo da sola, è una scelta che mi ha fatto crescere e di cui vado molto fiera. L’università americana ha un approccio completamente diverso da quella italiana; sembra quasi come un liceo. Le classi sono piccole e gli studenti sono molto seguiti sotto ogni aspetto; i professori sono straordinariamente gentili e comprensivi, sempre pronti ad aiutare. Nonostante sapessi l’inglese piuttosto bene prima di venire qua, all’inizio non è stato per niente facile studiare in un’altra lingua, ma è solo una questione di abitudine, e già dopo qualche mese veniva naturale. Una delle maggiori difficoltà è saper gestire il tempo tra allenamenti e studio, ma avendo fatto il liceo scientifico sono sempre stata abituata a studiare e avere poco tempo. Anche l’approccio col tennis è molto diverso. Gli allenamenti puntano più ad un aspetto quantitativo che qualitativo, cosa che non condivido in pieno, ma dopotutto siamo giocatori piuttosto esperti e sappiamo i punti che dobbiamo rinforzare. Ciò che adoro del college tennis è che fonde in una squadra un sport individuale come il tennis. Giochiamo partite individuali, ma alla fine la squadra che vince più partite è quella che va avanti. L’anno scorso ho giocato come numero 3 in posizione nella squadra e ho avuto una stagione fantastica. Ho giocato 16 partite ufficiali, vincendone 15 e perdendone solo una. Più di una volta ho vinto sul 4 pari, con la mia partita che decideva la vittoria o la sconfitta della squadra. Vedere le mie compagne di squadra correre in campo ed abbracciarmi è stato meraviglioso; sono momenti unici che non dimenticherò mai.
Quali sono i tuoi colpi migliori e su quali devi migliorare?
Il rovescio è sicuramente il mio colpo migliore, soprattutto quando cambio sul lungolinea, ma il mio colpo più efficace è senza dubbio la smorzata; potrei dire che ho vinto la maggior parte delle mie partite solo grazie a questi due colpi. Devo lavorare sul mio diritto, che ha un buon top spin ma fa pochi vincenti. Poi devo rivedere le volée, che comunque non uso spesso perché preferisco lo schiaffo al volo.
Su quale superficie preferisci giocare?
Adoro giocare sulla terra rossa, sono cresciuta giocando sulla terra e ne sono innamorata. Sono molto veloce in campo, quindi sulla terra è quasi impossibile farmi un vincente. Inoltre credo che la terra rossa richieda un gioco più strategico e mentale: gli scambi e le partite sono più lunghi, e la forza fisica conta meno che sul veloce, dove spesso i giocatori fanno solo a gara a chi tira più forte..
A quali giocatrici o giocatori ti ispiri?
Sin da quando ero piccola ho sempre ammirato Roger Federer. Il suo gioco mi incanta, è così pulito e naturale che potrei stare a guardarlo per ore. Credo che sia il giocatore migliore di tutti i tempi, e mi sento fortunata ad essere nata nella sua “era”. Tra le donne ammiro molto Sara Errani perché ha un gioco e un fisico molto simile al suo. Mi scoraggiavo spesso a giocare contro giocatrici molto più alte e robuste di me, ma lei mi ha dato la forza di andare avanti dimostrando che si può essere alte 165 cm ed arrivare ad essere numero 5 del mondo, arrivando in finale in tornei del livello del Roland Garros. Credo che Sara sia l’esempio di come l’intelligenza e la tenacia ti possano portare così in alto.
Il tennis femminile italiano non sta attraversando un buon momento, quali giovani giocatrici pensi possano emergere?
Per il futuro punto tutto sulla Toscana, con Jessica Pieri e Jasmine Paolini. Conosco Jessica e Jasmine da quando eravamo piccole e giocavamo i tornei juniores insieme; sono due giocatrici e due ragazze straordinarie. Jessica è stata fuori per un po’ per un infortunio, ma ora sta giocando alla grande e a 20 anni è già 250 del mondo. Jasmine sta avendo un’annata fenomenale, raggiungendo qualche mese fa il suo best ranking di 130 del mondo. Hanno molto potenziale e tanto da migliorare, spero di vederle in tv in qualche Slam tra qualche anno.