Alessandro, una persona che si è fatta voler bene da tutti

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Nella foto: Alessandro con Lorenzo Sonego lo scorso settembre all’Atp Challenger di Firenze

 

Ad Alessandro, con enorme affetto.

Questo che il caro lettore sta leggendo è il pensiero più difficile che abbia mai scritto in tutta la mia vita. Messo giù in un momento di confusione con il quale non avrei mai pensato di dovermi confrontare. Alessandro ci ha lasciati venerdì sera e ha portato con se un bagaglio di ricordi che nessuno riuscirà, ne vorrà, più dimenticare. Un malore improvviso lo ha colto a 55 anni, quando i suoi occhi raccontavano di una voglia incredibile di sport e di vita, con nuovi progetti e proposte per cercare di continuare a soddisfare la sua voglia di tennis.

Alessandro è stato un compagno di viaggio unico, con il suo umorismo pungente e la sua voglia di scherzare che lo ha sempre contraddistinto. Un professionista in tutto quello che ha fatto, con una dedizione totale alla sua passione e un modo unico di saper parlare con le persone. Ha fatto breccia nei cuori di tutti ed è stato un papà per molti di noi. Chi lo ha conosciuto è rimasto colpito dal valore della persona, che non ha mai amato i riflettori e ha vissuto di una composta pacatezza che lo ha reso benvoluto da tutti. Personalmente gli devo molto e, come chi vi scrive, altri ragazzi e professionisti del giornalismo ne hanno apprezzato i momenti passati insieme. Venerdì sera è stato un tourbillon di telefonate da parte di amici e colleghi sparsi per tutta Italia, increduli di fronte a quanto accaduto e che ne certificano, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto Ale fosse amato.

Alessandro, Ale, Terzius, chiamatelo come preferite, è una persona che ha messo la sua generosità al servizio degli altri e personalmente non smetterò mai di ringraziarlo. In un attimo te ne sei andato, la persona che eri rimarrà per sempre.

Fai buon viaggio Ale, con il tuo taccuino in mano e l’umorismo che ti ha fatto amare da tutti.

Ti vogliamo bene.

 

Fabrizio Salvi


 

Come ricordare Alessandro Terziani?

Non parlerò del mio rapporto personale con Ale, quello lo tengo gelosamente per me.

Inizierei con una delle domande che dominano in questo momento tra chi lo ha potuto conoscere: “E adesso chi farà tutto quello che faceva lui? Chi porterà avanti tutte le attività che su di lui erano centralizzate?”

Sì  perché quella dell’impiegato di banca, come per i supereroi, per Ale, era una facciata. La sua “vera” identità era quella di coordinatore redazionale, di giornalista appassionato che si è fatto dal vivo oltre 20 Tornei dello Slam, di collaboratore del comitato regionale toscano e, soprattutto, di coordinatore di tutta l’attività di tornei individuale di Arezzo e province limitrofe.

La sua creatura, il Circuite Vallate Aretine è giunta al suo ventitreesimo anno nel 2018, quando ha collezionato oltre cento appuntamenti e qualche migliaia di partecipanti, da Luca Vanni al più sprovveduto degli NC, singolo e doppio, giovanili e veterani, non c’è appassionato che fatichi a trovare un torneo adatto: il tutto con la vetrina del sito Fitarezzo.it, di cui, ovviamente, era il principale responsabile.

Con questo impegno incredibile, portato avanti nel dopo lavoro, Ale conciliava il ruolo di marito, padre, ovviamente di buon giocatore (4.2 nel 2018 ed ex “C”, alla faccia della protesi all’anca), di grandissimo tifoso e conoscitore dell’Arezzo Calcio e i ritiri a fine settimana nella sua amata casa di Alberoro, dove internet non prendeva, quanto mai paragonabile alla fortezza della solitudine.

Ma come faceva a fare (bene) tutto questo? Sicuramente con la passione, con intelligenza, con estro quanto basta, con i bei rapporti creati un po’ ovunque grazie al suo delizioso carattere, ma, oltre a questo, entra in gioco il suo superpotere.

Ale, per me, aveva infatti l’incredibile dote di rendere il complicato semplice; come quando scriveva di tennis, riuscendo a spiegare uno sport di mille sfaccettature in modo chiaro ed immediato. Non c’era nulla per cui valesse la pena allarmarsi, non c’era niente per cui preoccuparsi oltre il lecito, non c’era alcunché per cui perdere la pazienza. Quando lo chiamavo per qualche intoppo la massima imprecazione che poteva arrivare era “oh che casino!”, non credo di averlo mai sentito urlare in vita mia, se non per la Vinci che batteva la Williams a New York (fatevi un favore e recuperate “Io, Robertina e il Piercing”) o per un gol dell’Arezzo. Poi, in men che non si dica, arrivava la soluzione ad ogni noia e nessuno mai veniva messo nelle condizioni di scusarsi, o di ringraziarlo per l’intervento.

E allora voglio provare a fare come avrebbe fatto lui, spiegare il complicato, cioè la quantità e qualità delle sue doti, con il semplice, con il comun denominatore: Alessandro era una persona corretta. E’ la prima cosa che mi viene in mente su di lui: corretto nei giudizi, corretto nei valori, corretto nei meriti, corretto nei rapporti. Il buonsenso non lasciava mai campo ai regolamenti scritti o all’opportunità. Partendo da qui, da un concetto di fondo di correttezza, gestiva tutto questo con così tanti bei risultati. Ale era corretto in tutto. Più di quanto la vita alla fine sia stata con lui.

Ho voluto raccontare Ale così, come scriveva lui, come una storia. Una storia a cui purtroppo manca troppo ingiustamente il lieto fine. Quasi quanto mi manca lui.

Adriano Spataffi