Da Wimbledon, Alessandro Terziani
La semifinale tra John Isner e Kevin Anderson ha monopolizzato il Centre Court per 6 ore e 36 minuti. Alla fine ha vinto il sudafricano 26-24 al quinto set ma ha perso il tennis. Una partita infinita fatta solo di servizi e poco altro. La monotonia ha fatto addormentare letteralmente diversi spettatori e ha creato diversi vuoti sulle tribune. Sempre Isner protagonista di queste folli maratone che nel 2010 giocò qui la partita record con Mahut di 11 ore e 5 minuti anche se spalmati su tre giorni.
Primo set senza break con soli due giochi che vanno ai vantaggi. Sull’1-1 si giocano addirittura 22 punti con Anderson che sventa 3 palle break. Sul 5-4 è Isner ad annullare una palla break/set. Il tie break, dopo 63 minuti, se lo aggiudica il sudafricano, 8-6, dopo aver salvato un set point con il servizio sul 6-5.
La partita è quanto più di noioso e monotono possa offrire il tennis. L’85% dei punti si risolve entro il quarto scambio. Velocità media dei servizi poco oltre i 200 km/h con punte a quasi 230. Secondo set che fila via liscio fino al 4-4, quando Isner annulla una palla break con una facile volée. Si gioca un nuovo tie break. Isner vola 5-0, poi si complica un po’ la vita ma chiude al terzo set point 7-5. Dopo un’ora e 57 minuti siamo in perfetta parità.
Sul 4-3 del terzo set accade un evento storico, il primo break della partita. Lo mette a segno Anderson, per Isner è il primo break del torneo dopo ben 110 turni di servizio vincenti. Sembra incredibile, ma nel gioco successivo arriva il contro break di Isner. Si gioca il terzo tie break, il più emozionante, almeno nel punteggio. Isner non mette a frutto due set point, il primo sul 6-5 e il secondo sul 7-6 e servizio a favore. Sull’8-7 e servizio, Anderson commette un clamoroso doppio fallo. Sul 9-8 Isner annulla con il servizio il secondo set point per il sudafricano. Sul 10-9 è finalmente lo statunitense che riesce a portare a casa il set alla terza occasione. Sono trascorse due ore e 58 minuti. Qualche spettatore si è letteralmente addormentato, il Royal Box è deserto.
Quarto set. Come nel terzo, sul 2-2 arrivano a braccetto break di Anderson e immediato contro break di Isner. Sembra lo facciano apposta. Sul 4-4 nuovo break del sudafricano che va a servire per andare al quinto set. Anderson pareggia il conto dei set alla quarta chance. Dopo 3 ore e 41 minuti è tutto da rifare.
Quinto set senza sussulti fino al 7-7 quando Isner concede una palla break. Il 43esimo ace di Isner l’annulla. Sul 10-10 arriva una seconda palla break che Anderson non sfrutta. Scoccano le 5 ore di gioco. Si arriva al 17-17, due palle break consecutive sempre per il sudafricano. Due ace di Isner e si prosegue. 20-20, l’orologio segna 6 ore di gioco. Lo statunitense sta facendo un po’ più fatica di Anderson a tenere il servizio. Sul 24-24 è 0-40 per il sudafricano, ancora tre palle break. La seconda chance, la sesta del set, è finalmente quella buona. Anderson va a servire per il match sul 25-24. Il pubblico improvvisa una ola. Un diritto in corridoio di Isner pone fine alla contesa dopo 6 ore e 36 minuti. Per Anderson è la seconda finale Slam dopo quella persa con Nadal agli ultimi US Open.
Mettete il tie-break al quinto set come hanno già fatto da tempo agli US Open, please.
(8) Kevin Anderson b. (9) John Isner 76(6) 67(5) 67(9) 64 2624