di Valerio Falcioni
È il 1973, anno del boicottaggio di Wimbledon ,da parte di molti giocatori, in segno di protesta per la squalifica riservata a Niki Pilic. Fino a quegli anni l’Urss aveva eccelso in svariate discipline, nel 1960 aveva conquistato gli Europei di calcio, nel ’64 e nel ’69 aveva vinto due medaglie d’oro olimpiche nella pallavolo, nel ’72 aveva raggiunto lo stesso successo nella pallanuoto, ma ancora non era riuscita ad ottenere una vittoria nel tennis ed è con Alexander Metreveli che è convinta di poter conquistare una posizione di rilievo nel tempio sacro del tennis: Wimbledon.
Metreveli era nato a Tbilisi nel 1944 ed era iscritto alla Dynamo, una delle migliori società sportive sovietiche Metreveli dimostrò di esser un abile giocatore sin dai primi turni del torneo , perse solo tre sets, giungendo ai quarti di finale nell’incontro con Jimmy Connors, astro nascente del tennis americano a caccia del suo primo slam. Il primo set fu molto combattuto e fu vinto dal sovietico 8-6, che acquisì fiducia e si impose anche nel set successivo per 6 giochi a 2. Nel terzo set Connors riuscì a sfruttare una palla break sul finale, vincendo per 7-5. Metreveli però non si perse d’animo e si aggiudicò il quarto set (6-4), accedendo alla semifinale.
Il suo successivo avversario fu un altro americano, Sandy Mayer, che riuscì a strappargli un solo set, cedendo anche lui sotto i potenti colpi del sovietico. Metreveli aveva raggiunto la sua prima finale di un grande slam ma ad attenderlo c’era un altro giocatore del blocco orientale, il cecoslovacco Jan Kodes, vincitore di due tornei del Roland Garros. Metreveli non riuscì a coronare il sogno di tutti i sovietici, quello di trionfare in un torneo del grande slam, perse in tre sets, di cui solo nel secondo riuscì a dare filo da torcere a Kodes.
Solo un anno dopo nel tabellone del singolare femminile del Roland Garros comparve una tennista di nazionalità sovietica, Olga Morozova, autrice di un torneo sfavillante. La Morozova raggiunse la finale dello slam parigino senza aver perso nemmeno un set. In finale incontrò un’altra grande sorpresa del torneo, l’americana Chris Evert, destinata a diventare una leggenda del tennis. Lo scontro tra le due tenniste rispecchiava, nella competizione sportiva, l’antagonismo tra le loro nazioni di appartenenza, che con i loro contrasti ideologici avevano caratterizzato gli anni bui della Guerra Fredda.
La finale riservò una profonda delusione alla Morozova, che riuscì ad aggiudicarsi solo tre games in due sets. Le due giocatrici erano state compagne nel torneo di doppio, in quella stessa edizione del Roland Garros, e avevano vinto.
Di lì a pochi mesi la Morozova si scontrò con la Evert in un’altra finale disputata a Wimbledon. La tennista sovietica aveva incantato il pubblico grazie alle sue vittorie contro Billie Jean King e Virginia Wade. Il fato ancora una volta non sorrise alla giocatrice sovietica, poiché la Evert giocò una partita perfetta, non concedendo alla rivale nemmeno un game nel primo set e strappandole il servizio si aggiudicò anche il secondo. L’ultima tennista sovietica ad aver raggiunto una finale del grande slam è Natasha Zvereva nell’edizione del 1988 del Roland Garros.
Negli ottavi di finale la Zvereva aveva sconfitto Martina Navratilova in due sets e aveva eliminato subito dopo la Sukova. Nella semifinale era stata autrice di una partita, molto emozionante e ricca di adrenalina, che la vide imporsi sull’australiana Bradtke nel terzo set grazie ad un break decisivo. La tennista sovietica incontrò in finale Steffi Graf, ma non giocò una partita all’ altezza delle precedenti: perse 6-0 6-0, stabilendo un primato negativo, si trattò della finale più breve della storia del tennis, durata poco più di mezz’ora. Nel 1989 cadde il Muro di Berlino e due anni più tardi l’Urss cessò di esistere: ormai i tennisti che fino a poco tempo prima avevano giocato sotto la stessa bandiera, ora avrebbero giocato per nazioni diverse.