Alla scoperta di: Marco Rossani, professione stringer

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Marco Rossani è Head stringer agli Internazionali Bnl d’Italia e incordatore ufficiale a Wimbledon. Gestisce a Milano, insieme alla moglie, il DNA Tennis – Shop & Lab.

Marco, quando hai scoperto il tennis? 

Professionalmente ho cominciato nel 1984, ma fin da bambino ho frequentato l’ambiente in quanto mia madre ha lavorato all’organizzazione dei tornei che si svolgevano a Milano nello scomparso Palazzo delle Sport di San Siro negli anni d’oro (Volvo Grand Prix, Cuore Cup, ecc.). 

Quando hai capito che potesse diventare una professione? 

In realtà tutto è nato per caso, cercavo un lavoro dopo la scuola, o meglio al posto della scuola, dato che per motivi familiari ho dovuto cominciare a lavorare molto presto. Cercando appunto fra i conoscenti di mia madre nell’ambito tennistico, trovai il mio primo impiego presso lo storico negozio La Bottega del Tennis a Milano, da allora e per trentadue anni è stata la mia “casa” dove sono cresciuto professionalmente e da apprendista ho cominciato la mia crescita professionale, fino a diventare insieme a mia moglie uno dei soci titolari. Dallo scorso anno ho avviato il mio nuovo progetto professionale DNA Tennis che gestisco insieme a mia moglie Adriana, compagna di sempre nella mia professione. 

Da anni sei uno degli stringer ufficiali del torneo di Wimbledon, raccontaci di questa esperienza. 

Certamente si tratta dell’evento di maggior successo professionale a cui ho partecipato. Lavoro nel team ufficiale ormai da cinque anni come incordatore titolare. Nonostante sia passato qualche anno e consideri lo staff di Apollo Leisure la mia famiglia inglese, ogni volta provo un mix di emozioni incredibili quando varco la soglia dell’AELTC e rivedo gli stessi ambienti e le stesse persone; mi emoziono sempre perché le sensazioni sono davvero uniche. Sei nel tempio mondiale del tennis e questa opportunità non è data a tutti, io sono stato selezionato e mi reputo estremamente orgoglioso di questo. 

Hai lavorato anche al torneo di Montecarlo, hai qualche aneddoto di quella esperienza?

In realtà è stato molti anni fa e fu quasi casuale. Ero a Montecarlo per una convention Babolat e un giorno il responsabile di Babolat chiese a me e un collega se potevamo sganciarci dalla convention per incordare al servizio del torneo; ovviamente abbiamo accettato. Ricordo di aver incordato le racchette di Tommy Haas, delle Dunlop Max 200 con del budello VS naturale calibro 125 a kg.31/29 e 30/28, una tensione folle su un pattern di quel tipo. Diametralmente opposto il russo Yevgeny Kafelnikov che invece incordava la sua Fischer con un avvolgimento Babolat Powergy a kg.25. Ostica invece la racchetta di Marcelo Rios che nessuno gradiva incordare con il pessimo e fallimentare sistema Starmaker. 

Anche quest’anno lavorerai agli Internazionali Bnl d’Italia? 

Partecipo agli IBI dal 2013 in qualità di stringer, dal 2017 mi occupo della gestione della sala incordature in qualità di Head Stringer. Anche quest’anno parteciperò agli IBI con la medesima carica. Nonostante mi occupi della gestione della sala, io ho la mia macchina per incordare e lavoro insieme ai miei colleghi; questa è stata la “conditio sine qua non” per accettare la carica di Head Stringer. Non voglio fare l’ammiraglio che gira con la tazza del caffè in mano, io voglio sporcarmi le mani insieme al mio team. Amo il mio lavoro e amo condividerlo con i miei colleghi, sono uno di loro solo con un pò di esperienza in più ma non sarei nulla senza di loro, questo è il segreto del nostro team, tutti lavorano per tutti.

Per diventare uno stringer professionista, che percorso si deve fare? 

Certamente il primo passo è formarsi presso una struttura seria, competente e riconosciuta. Ci sono associazioni che si occupano di formare gli incordatori, io sono il Country Manager dell’Associazione Internazionale ERSA International e mi occupo della formazione e della certificazione internazionale degli incordatori. ERSA International è presente in tutto il mondo con numerose filiali operative che si occupano della formazione e della certificazione degli incordatori, oltre a partecipare attivamente nei principali team di incordatura dei tornei degli Slam, Masters 1000 e tornei minori del circuito ATP/WTA. Per esempio proprio agli Internazionali d’Italia il team è totalmente composto da membri ERSA certificati a vari livelli (6 PT, 1 MPS, 3 ES). Una volta iniziato il percorso formativo è importante fare molta pratica e applicare il metodo acquisito, in seguito si può provare a sostenere l’esame di certificazione. Le certificazioni sono di vari livelli in base al tipo di utenza: amatoriale, professionale o professionistica (ATP tournament). Nulla è semplice in questo percorso e prima di raggiungere i massimi livelli sono necessarie anni di pratica. Gli esami che bisogna sostenere sono molto difficili e selettivi, basti pensare che mediamente solo uno su cinque riesce a superarli. 

Vediamo tanti giocatori amatoriali giocare con corde monofilamento, cosa ne pensi?

Diciamo che le corde monofilamento in poliestere sono indicate per giocatori agonisti che rompono le corde entro 6/8 ore di esercizio, diversamente sono inutili all’utenza. Queste corde offrono controllo e spin ma bassissimo comfort, se non approssimato allo zero. In ogni caso non devono essere utilizzate oltre le 10/12 ore dopodiché anche se non rotte devono essere sostituite, pena gravi ripercussioni fisiche. Gli stessi professionisti le utilizzano ibridate con budello naturale e le tagliando dopo solo 2/3 ore di esercizio. Discorso completamente diverso per le multifilamento, avvolgimenti e budello naturale che invece servono tutti i tipi di utenti sia amatoriali (la maggior parte dei tennisti) sia i giocatori più avanzati.  

Quale giocatore o giocatrice ricordi con maggior piacere?

Lo scorso anno ho seguito “Sascha” Zverev a Roma nel suo primo successo in un Masters 1000 e, nonostante la sua “freddezza” teutonica, nel backstage dopo la finale mi ha ringraziato e abbracciato per il lavoro svolto. Conservo gelosamente la mia maglia con la sua dedica. Può sembrare cosa da poco ma vi garantisco che non lo è, infatti una delle cose che maggiormente mi rammarica ancora dopo tanti anni è che non veniamo mai considerati degni di nota (tranne dalla stampa specializzata) per il lavoro importantissimo che svolgiamo. Vi faccio un esempio: quest’ultima edizione degli Australian Open, Marin Čilić ha ringraziato tutti, persino i camerieri e la transportation ma nessuna menzione per gli incordatori, coloro che preparano gli strumenti che consentono loro di giocare i match. Ritengo che oltre una mancanza di rispetto per la nostra professione sia anche una grave lacuna sul profilo umano.