Alla scoperta di: Jozef Kovalik, l’uomo che ha battuto Cilic. Sulle nuove regole però…

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Di Fabrizio Salvi

 

Nato a Bratislava 25 anni fa, Kovalik sta cercando di arrampicarsi verso il coronamento dei propri obiettivi di una vita. Quest’anno ha toccato il cielo con un dito per due volte, assaporando intensamente il gusto della popolarità e del successo sportivo, ma è consapevole che la strada da fare è ancora molto lunga. Due Challenger, numero cinque di Slovacchia e un percorso di fronte ancora tutto da disegnare, sempre col sorriso sulle labbra e con la determinazione nella testa. L’orologio è dalla sua parte e lui sembra voler far di tutto per non sprecare l’opportunità che Madre Natura gli ha donato. Lo abbiamo incontrato a Sinalunga, prima che scendesse in campo per i play out di A1 contro il Ct Palermo.

 

Ciao Jozef, il 2017 si sta chiudendo, sei soddisfatto di come è andata la tua stagione?

È stata senz’altro una buona annata. Lo scorso anno ho provato a raggiungere la top 100, così come quest’anno, e ci sono arrivato molto vicino.

 

Nel 2017 ci sono sono stati due momenti particolarmente intensi, il primo è la vittoria a Chennai contro Marin Cilic. Che ricordo ti ha lasciato?

Sinceramente non saprei dire molto a proposito di come ho giocato l’incontro, ma ricordo perfettamente le sensazioni che ho avuto al termine: ero estremamente felice! Quella è stata probabilmente la miglior performance della carriera. In più a Chennai mi sono divertito molto e ho apprezzato tanto che le persone mi avessero supportato sin dalle qualificazioni.

 

Non solo Chennai ma, anche, il Roland Garros e Wawrinka sulla tua strada. Dev’essere stato speciale per te..

Ti racconto un aneddoto: mi ero appena qualificato per il main draw e stavo aspettando il sorteggio per capire contro chi avrei giocato. Ho dato uno sguardo alle caselle dei qualificati e mi sono girato verso il mio coach dicendogli che avrei di sicuro giocato contro Wawrinka. Così è stato.

 

E immagino che tu possa aver pensato di dover scalare una montagna..

Avevo due anime contrapposte. Da una parte ero felice di poter giocare sul Philippe Chatrier contro il campione in carica, con tutto quello che comporta a livello di atmosfera e sensazioni..

 

E dall’altro?

Non sapevo cosa aspettarmi, se non che sarebbe stata durissima. Avrebbe potuto darmi un triplo 6-0, oppure complicarsi la vita da solo, in fondo era il primo turno. Col passare dei game ho capito che potevo giocare con lui e ho avuto addirittura delle chance.

 

Quale è stata la lezione più importante che hai imparato?

Che posso giocare con questi ragazzi, l’importante è mantenere la stessa condizione atletica per tutto l’anno.

 

Dal circuito Challenger al Philippe Chatrier il salto è bello lungo e difficile. Lo è anche per te?

Credo che siano due cose molto differenti. Personalmente preferisco giocare nel main tour perché riesco a concentrarmi meglio. Comunque mi diverto ogni volta che vengo in Italia, l’atmosfera dei circoli è davvero bella.

 

Jozef Kovalik durante l’intervista

 

Il circuito ha una quantità notevole di tornei sul cemento, credi di dover modificare qualcosa nel tuo stile e nel tuo approccio alle partite?

Col mio allenatore stiamo lavorando molto sul servizio e sul rendere familiari tutti i colpi. Sul cemento c’è un differente approccio alla rete e cambia anche il modo di muoversi. Mi piace molto giocare sul duro all’aperto, mentre indoor è più complicato e decisamente troppo veloce.

 

Proprio indoor si sono giocate le Next Gen Atp Finals, c’è qualche nuova regola che ti è piaciuta?

Non ho visto molti incontri perché non ho avuto tempo di farlo, ma ne abbiamo parlato con l’Atp. Sinceramente non me ne è piaciuta nessuna in particolare come, ad esempio, lo shot clock che hanno introdotto durante le qualificazioni dello Us Open. Capisco che vengano fatte cose per attirare le persone ma, per quanto mi riguarda, preferisco rimanere come siamo ora. Anche la nuova Davis Cup la stanno rendendo più corta, ma è un gioco differente.

 

A proposito di Davis, tu hai esordito lo scorso anno contro l’Ungheria, che emozione è stata?

La prima volta che ho giocato per la Slovacchia in Davis ho vinto contro Fucsovics ed è stato incredibile. Quando ho rigiocato con lui ci ho perso, ma era cemento indoor ed è stato un incontro completamente differente.

 

C’è anche una pressione differente..

Quella non manca mai, anche perché non lo stai facendo per divertimento, ma per vincere. Però è molto differente, nel tour la pressione ce l’hai per te stesso, in Davis per il paese.

 

Adesso è arrivato il momento di andare in vacanza, cosa farai?

Mi prenderò qualche giorno per andare in montagna con la mia fidanzata a fare escursionismo e a camminare un po’. Cinque giorni di vacanza e dopo comincerò la preseason, senza tennis, ma solo correndo e curando la parte atletica.

 

Se il 2018 sarà o meno l’anno della consacrazione lo scopriremo fra un po’, ma i buoni propositi ci sono tutti, così come il talento. A lui piacciono le montagne, chissà che questa passione lo agevoli nella sua scalata alla classifica che merita. Non possiamo che augurargli un grosso in bocca al lupo, Jozef.