WIMBLEDON 2023 – Soddisfatto e rasserenato dal potere terapeutico della vittoria, Matteo Berrettini si presenta ai microfoni dopo il suo incontro di primo turno vinto contro l’amico Lorenzo Sonego.
SULL’IMPORTANZA DELLA VITTORIA DI OGGI – “No, non sapevo se fossi pronto o meno. Non mi sono allenato molto. Non ho servito molto come si dovrebbe fare prima di un torneo, prima di un Grande Slam… Allo stesso tempo, la mia voglia di giocare era più grande della mia preparazione. Pensavo: “Ok, vediamo cosa posso fare”. In cuor mio so che voglio giocare questo torneo, non importa il risultato. In un certo senso, è stato perfetto perché ho giocato un set, due set e poi un set. Non ho stressato troppo il mio corpo. Allo stesso tempo so che domani dovrò giocare. Sarà difficile. Mi sentivo molto bene in campo dal punto di vista fisico, per questo sono felice. Se non provi, non lo saprai mai. A volte in passato mi sono fermato prima perché sentivo che il mio corpo non era pronto. Questa volta l’ho forzato un po’. Ora mi sento bene. Ne è valsa la pena”.
SULL’INCONTRO CON SONEGO A STOCCARDA – “Sono state molte le cose che sono successe nella mia mente durante quella partita. Pensavo già di non essere pronto soprattutto dal punto di vista mentale. Rientrare da un infortunio non è mai facile, soprattutto quando hai vissuto il periodo peggiore della tua carriera in termini di risultati.
L’anno scorso il mio allenatore mi ha sempre detto che mi ero abituato bene per il fatto che sono tornato dopo l’intervento alla mano e ho vinto due titoli su erba. Avevo molte aspettative. Ricordo di aver colpito per la prima volta sull’erba a Stoccarda, sensazione incredibile, come se non avessi mai smesso di giocare sull’erba. Quindi le aspettative erano davvero alte. Allo stesso tempo non avevo nessun match nel mio background.
Devi misurare tante cose. A volte si va troppo avanti con la testa. Devi essere nel momento e non riuscivo a gestirlo. Mi sono bloccato emotivamente, non so come spiegarlo. Quando ho pensato che non sarei stato pronto è stato quando mi sono ritirato dal Queen’s. Pensavo: “Ok, non ho abbastanza tempo”. Il mio obiettivo era di essere qui in qualche modo. Ho lavorato molto duramente. Sono davvero felice di aver vinto il primo incontro”.
È stato difficile, per questo adesso ho questo sorriso qui. Alla fine quello che volevo fare era calcare questi campi ed essere felice. Quando la pressione aumenta, quando vuoi fare tanto e bene ti dimentichi di come sei partito. A 18 anni sono uscito da questo posto dopo aver perso con Rublev e mi sono chiesto se ci sarei mai tornato. Ho fatto un passaggio indietro per poi tornare avanti e devo dire che adesso mentalmente sto meglio.
NETFLIX E POPOLARITÀ – “Fondamentalmente sono riservato per alcune cose, ma ho sempre pensato, proprio perché sono sotto i riflettori, che qualcosa si possa fare. Tipo un messaggio da lasciare, oppure che anche se giochi molto bene a tennis puoi avere una vita privata, oppure che esigi rispetto, ad esempio, quando finisci sui giornali. Il mio processo mentale è quello di restare nel mio, ma se posso dire qualcosa che possa aiutare qualcuno nella mia situazione o a migliorare le condizioni di una cosa che credo sia culturale, mi fa piacere farlo. Perciò quando dico la mia sulle mie relazioni o su quelle passate, quando faccio sapere che tipo ragionamenti faccio, quando dico che sono innamorato o quando no, lo faccio per normalizzare il fatto che fondamentalmente sono come tutti voi. Ho pelle, muscoli e ossa anche io con momenti di crisi e momenti di gioia. Non siamo robot o automi che hanno un chip, ma siamo solo persone che sanno fare molto bene una cosa tecnica e per me è un messaggio molto importante. Si è sempre pensato che l’atleta dovesse essere una sorta di marziano, invece io la penso diversamente”.
SULL’AVER CONDIVISO ASPETTI PRIVATI – “Non mi sono pentito perché sono sempre state cose sincere, non ho mai usato per secondi fini. Non ho mai fatto parlare di me perché volevo che se ne parlasse. Ho sempre pensato che quello che ho tirato fuori venisse da dentro di me e mi fa piacere pensare che un quindicenne che gioca a tennis e che magari si troverà nella stessa situazione, possa sapere che io l’ho vissuta così e spero che possa essere vista come una cosa normale e non come un taboo”.
Da Wimbledon, Londra