L’articolo di oggi tratta un argomento su cui tanto si è scritto e tanto si è detto – non tanto nella sostanza quanto nella forma – ovvero di quanto sia importante conoscere le sensazioni che prova il giocatore di tennis e, dunque, se per conoscerle significhi averne avuto esperienza e averle vissute in prima persona.
Dunque si arriva al solito dibattito, ovvero, se per essere un coach di livello alto si debba per forza aver avuto un passato da giocatori pro o meno. Cioè arrivandoci con conoscenze, studi, gavetta (cosa che accumuna comunque anche gli ex pro), ma senza quell’esperienza diretta vissuta da giocatore. Bene, iniziamo col dire che il tema dell’articolo non è questo, cioè non è il dibattito sul cosa serva per essere un coach di alto livello.
Se volete una mia personale opinione, probabilmente non richiesta, ma dato che ci troviamo a scrivere ve la lascio comunque… aver avuto esperienza da giocatore è chiaramente un valore aggiunto. Non è necessariamente detto che debba essere stata da pro player, anche se certamente aiuta. La parte principale è sempre formarsi, crescere, fare esperienze, confrontarsi con colleghi e realtà di alto livello e crearsi poi con le proprie competenze, conoscenze, da aggiungere all’esperienza fatta negli anni sul campo e fuori. Dunque la risposta per me è no. Per essere grandi coach non serve essere stati grandi giocatori. Giocatori però si, nel senso che a tennis bisogna aver giocato.
Procediamo con il tema cardine dell’articolo. Un coach che conosce le sensazioni del giocatore, significa che questo oltre a sapere cosa prova il giocatore in “quei momenti”, conosce bene come si gioca a tennis, cosa sia il tennis, come si esegue quel colpo, e quali sono le sensazioni all’esecuzione del colpo stesso. Questa è una parte fondamentale. Il tennis è uno sport di sensazioni, dunque essere in simbiosi, conoscere come pensa, cosa prova, cosa vive, il tuo giocatore è sicuramente una fase fondamentale che può portare solo vantaggi.
Inoltre permette di correggere delle imperfezioni, di entrare in contatto col giocatore e permette di acquisire la sua fiducia, perché il giocatore stesso sentirà che il coach lo sta capendo, poiché stanno parlando la stessa lingua, c’è feeling e sentirà, per restare sulle sensazioni che sono quelle che danno i feedback più importanti, che il coach è parte integrante del percorso che sta svolgendo; si renderà conto che il coach lo potrà accompagnare nel percorso e che la conoscenza delle situazioni è un gran vantaggio da sfruttare.
Insomma per un coach conoscere le sensazioni che prova, che sente, e che vive il suo giocatore è ovviamente una questione fondamentale, prioritaria, insomma importantissima. Questo gli permette di entrare nella sua testa, nella testa del suo giocatore, e tramite le sue conoscenze, l’esperienza provata già, si può agire per gestire al meglio quelle situazioni più stressanti, più difficili, più complesse.
Tanti forse non si rendono conto, di quanto il tennis sia uno sport tremendo dal punto di vista mentale. Per questo conoscere cosa vive il proprio giocatore è un aspetto fondamentale anche perché, a livelli alti, a tennis sanno giocare tutti, sia tecnicamente, che tatticamente, cosi come dal punto di vista fisico sono tutti forti; dunque la differenza la fa sempre l’aspetto mentale, la capacità di gestire le situazioni, la capacità di vivere al meglio una situazione stressante, la capacità di resettare un punto negativo immediatamente e passare subito a quello successivo. Il tennis è lo sport della resilienza, è lo sport in cui si vive una vita diversa dentro la partita, che da fuori è impossibile da comprendere per chi non ci è dentro.
Ecco che torniamo al punto focale dell’articolo: vivere la complessità della partita, tutte le difficoltà, tutto ciò che rappresenta per un giocatore una partita di torneo, dopo settimane di allenamenti intensi, viaggi, soldi investiti, sacrifici, insomma c’è un bel da fare per il coach nel comprendere la visione del giocatore, ed essere in grado di farlo concentrare solo sul match, in quel momento, e supportarlo con le sue conoscenze, e le sue esperienze vissute.
Per questo ribadisco che conoscere le sensazioni, essere in grado di capirle, e soprattutto essere in grado di entrare nella mente del giocatore, capire cosa sta provando, fargli capire come gestire quella situazione, sia una caratteristica chiave del coach che è fondamentale avere.
È giusto ribadire però che queste conoscenze non sono chiaramente solo frutto di esperienze passate. C’è studio, c’è formazione, ci sono sacrifici dietro, come in tutte le cose. Posso sapere cosa vive il giocatore in quel momento, o posso sapere cosa prova quando esegue quel colpo, ma non basteranno le conoscenze passate e vissute; c’è bisogno di aggiungere studio, formazione, esperienza, lavoro. Insomma, tutto quello che insieme all’esperienza passata magari avuta sul campo, può fare la differenza, perché poi c’è sempre da fare la differenza, e sono in pochi quelli che sono capaci di farla. Perciò c’è da studiare, da formarsi, essere capaci anche di saper trasmettere al giocatore le sensazioni che sta vivendo, fargliele riconoscere, fargli capire cosa bisogna provare quando si gioca quel tipo di colpo, conoscere la tecnica, mostrargli come vedere il campo, ma in senso percettivo non letterale, ovvero come gestire lo spazio in cui avviene l’azione di gioco; quando dico vedere il campo, intendo essere capaci di avere delle percezioni che mi permettono di dominare la situazione, ovvero essere capace di vedere la pallina che arriva e capire subito che rimbalzo ha, che profondità ha, dove rimbalzerà, essere capace di anticipare la traiettoria capire prima cosa succede, vedere il campo come uno spazio in cui riesco ad eseguire ciò che voglio, e liberare in maniera del tutto naturale tutte le sensazioni positive che ho. Ecco questo è solo un piccolo passaggio di ciò che significa vivere il tennis, rendere partecipe il giocatore delle proprie sensazioni e percezioni, renderlo capace di gestire tutto ciò, e metterlo nelle condizioni di fare del suo meglio.
A ciò va aggiunto che il carattere del giocatore è un altro tassello da non sottovalutare; le sue esperienze vissute, la sua vita in famiglia, quella fuori dal tennis, insomma c’è bisogno di un bel lavoro sotto tutti gli aspetti. A mio modesto parere, per giocare a tennis bisogna avere un atteggiamento naturalmente semplice; ovvero non c’è bisogno di stressarsi troppo per una sconfitta, bisogna accettare, vivere tutto con positività e semplicità, perché il tennis può logorare, soprattutto in fasi delicate in cui si tenta il grande salto, ed è lì che è fondamentale avere un supporto adatto, ed essere in grado di gestire e vivere tutto con semplicità e naturalezza, e con la doverosa e giusta professionalità; sia per il coach, che per il giocatore, che per la sua famiglia. La parola professionalità proietta già verso un mondo diverso ed è quella che molte volte fa la differenza.
È indubbio dire che, per fare tutto ciò, non basta la propria esperienza, a meno che non si sia stati Federer o Nadal, forse… ma c’è bisogno di una completezza di nozioni, che solo la formazione può dare, unita all’esperienza di lavoro, e magari anche a quella passata perché, come abbiamo visto, il tennis è qualcosa di davvero complesso, che va affrontato con semplicità. La chiave è tutta lì, essere capaci di sentire e percepire tutto questo, con una naturale semplicità.
Come sempre per qualsiasi richiesta dubbio confronto o altro non esitate a contattarmi all’indirizzo mail
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Giuseppe Abbate
Istruttore di tennis FIT – PTR – International coach MTMCA Next coach GPTCA level C
Specializzato in tecnica, biomeccanica e videoanalisi
Laureato in lingue e letterature straniere