di Daniele Rossi
Epilogo incredibile sull’Arhtur Ashe nella finale femminile: Naomi Osaka vince gli Us Open 2018 battendo per 6-2 6-4 Serena Williams, che oltre a perdere la partita ha perso la testa e la faccia insultando l’arbitro Carlos Ramos.
Riguardo al match ci sarebbe poco da dire: la Osaka ha dominato dall’inizio alla fine, giocando in maniera praticamente perfetta. Fin dai primi scambi la giapponese è stata in controllo, senza mostrare neppure l’ombra di emozione per la prima finale Slam in carriera. Ugualmente efficace col diritto e col rovescio, Naomi ha messo in mostra anche eccellenti doti atletiche che le hanno permesso di coprire il campo e neutralizzare i diagonali di Serena. La Osaka ha vinto il primo set mettendo a segno due break, mentre nel secondo ha recuperato un break di svantaggio per poi rimontare e infine superare la Williams.
Vittoria netta e meritata per la 20enne di Osaka, nata da padre haitiano e madre nipponica. Il match difficilmente però sarà ricordato per la qualità di gioco della giapponese, bensì per l’incredibile protesta di Serena Williams contro il giudice di sedia Carlos Ramos.
I fatti: ad inizio secondo set, la Williams riceveva un warning per coaching. L’arbitro aveva scorto un chiarissimo segnale di Patrick Mouratoglou che incoraggiava la sua giocatrice a giocare più verso il centro. Serena protestava civilmente, spiegando che non aveva assolutamente visto quel segnale e affermando che lei non è una che bara. Il match continuava mentre il nervosismo di Serena cresceva, soprattutto per l’andamento del match. Dopo aver perso il servizio, l’americana distruggeva la racchetta e si prendeva un secondo warning che si tramutava in un penalty point. A quel punto Serena cominciava a perdere la testa: intimava l’arbitro a togliergli il warning e a scusarsi con lei, cosa che ovviamente Ramos non faceva.
Serena subiva un altro break e al cambio campo continuava ad insultare il giudice di sedia dandogli del ladro. Ramos così si vedeva costretto a comminarle un’altra sanzione: un game penalty. Dal 4-3, la Osaka si trovava così 5-3. Serena a quel punto chiedeva l’intervento del supervisor mentre scoppiava in lacrime e continuava con la sua sceneggiata, spalleggiata dal pubblico che iniziava a fischiare sonoramente. Il supervisor non poteva fare altro che ascoltare gli sproloqui di Serena che approfittava dell’occasione per accusare l’arbitro di sessismo e ricordare quanta fatica avesse fatto per arrivare fino a lì. La situazione però non cambiava, visto che Ramos – seppur in modo forse eccessivamente fiscale – non aveva fatto altro che applicare il regolamento.
La Osaka sul 5-4 riusciva a mantenere la calma in mezzo alla bolgia e al secondo match point poteva sciogliersi in un pianto liberatorio.
Paradossale anche la premiazione, con il pubblico che scompostamente e ingiustamente fischiava, mentre entrambe le giocatrici piangevano sul palco. La Williams recuperava un po’ di dignità dando i meriti alla Osaka e dicendo al pubblico di non fischiare più, ma Naomi (ragazza estremamente timida e introversa) faceva fatica a formulare due frasi ed aveva quasi remore ad alzare la coppa.
Una pessima figura quella della Williams, non certo nuova a crisi di nervi, soprattutto quando le partite le girano male. Si è erta a protagonista con un comportamento indegno, sostenuta da un pubblico che fin dall’inizio aveva tifato rumorosamente. Serena, soprattutto a Flushing Meadows, tende a dimenticarsi il regolamento, oltre che le basilari regole del fair-play. Si è sentita offesa personalmente, ma l’arbitro ha il dovere di dare warning per coaching se lo ritiene giusto: e le immagini di Mouratoglou -primo colpevole di questa storia- sono inequivocabili.
Rimane però l’impresa e la vittoria chiara e netta di Naomi Osaka, prima giapponese a vincere uno Slam.
FINALE DONNE
N. Osaka b. S. Williams 6-2 6-4